Vigneti estremi dal mondo: visione, coraggio e dedizione rendono ancora una volta - e sempre - possibile l’impossibile.

Questo articolo fa parte del numero 14 di Web Garden: Immaginare. Creare. Recuperare

Vigneti estremi dal mondo: visione, coraggio e dedizione rendono ancora una volta – e sempre – possibile l’impossibile.

Il vino, questo “composto di amore e luce”, come lo definiva Galileo Galilei, è un piccolo miracolo del connubio fra terra e uomo, il cui prodotto è un elisir che infonde piacere al palato e alla vista e all’olfatto, che invita ad amare, a filosofeggiare, ad abbandonarsi. Talvolta, questo nettare è anche frutto della capacità visionaria di agricoltori inventivi e coraggiosi, che hanno saputo portare a produttività dei terreni impervi e complicati, riuscendo a recuperare dalla terra una meraviglia niente affatto scontata.

È il caso in Italia dei vitigni eroici, cosi definiti perché situati su terreni a rischio di dissesto, oppure ove le condizioni geografiche impediscono la meccanizzazione, o ancora perché si trovano in luoghi di particolare pregio paesaggistico e ambientale. Pensiamo per esempio alle coltivazioni sulle pendici delle Alpi, o sulle coste a picco sul mare della Liguria, o fra i terreni scoscesi e rocciosi dei vulcani o delle piccole isole, dove si ottengono vini di qualità eccellente solo grazie ai poderosi sforzi e alle attente e faticose cure dei viticoltori.

Se il nostro Paese, con la sua incredibile biodiversità e varietà territoriale è un grande esempio di come l’uomo riesca a immaginare e quindi creare anche nelle condizioni più estreme, anche all’estero troviamo oggi produzioni vinicole in luoghi mai prima considerati adatti a questo scopo. I vigneti della Siam Winery, situata sul delta del fiume Chao Phraya in Thailandia, sono costituiti da piante galleggianti che crescono su isole separate da canali d’acqua, utili a refrigerare le uve e a contrastare le elevate temperature della zona.

Nella valle di La Geria a Lanzarote, nelle isole Canarie, si trovano vigneti coltivati su terreno lavico secco. Qui, per riuscire a far maturare l’uva, ogni singola vite è piantata in una buca larga cinque metri e profonda tre, e protetta da mura circolari dette Zocos.

Sulle montagne della vicina Svizzera esiste un vigneto, nella zona di denominazione di Beudon, a cui si accede esclusivamente attraverso un sentiero molto ripido, oppure grazie alla funivia privata del Domaine de Beudon, che trasporta l’uva più a valle durante la vendemmia. Per quanti nel bicchiere desiderassero percepire il sentore dei coralli, l’enologo francese Sébastien Thepenier del Domain Dominique Auroy si è cimentato nella coltivazione di un vigneto di circa sei ettari sull’Atollo di Rangiroa, nella Polinesia Francese. Piantate fra le palme da cocco, le viti affondano le loro radici nei detriti corallini, infondendo al vino un profumo del tutto unico.

Le condizioni climatiche di estremo freddo ed estremo caldo non sembrano poi più ostacolare gli audaci. I vigneti più a Nord del mondo sono in Norvegia, a due ore di distanza da Oslo, sulle rive del lago Norsjø, dove dal 2007 il vigneto Lerkekasa sfida l’inimmaginabile. La selezione delle viti adatte a resistere ad una simile latitudine non è stata semplice.

A spuntarla sono state le Rondo, le Léon Millot e le Solaris, un ceppo ibrido e selezionato per la sua resistenza al freddo. E quanti ritenevano che nel deserto non crescesse nulla, avranno a ricredersi. Karim Hwaidak della Sahara Vineyards, vicino al Cairo, è il fiero proprietario di 600 ettari in cui coltiva con tenacia e passione circa trenta varietà di uve differenti, che ogni giorno resistono alla assoluta mancanza di pioggia e alle fortissime escursioni termiche.

Immagine di Debbie Galbraith da IStock
Immagine di Julia Maas da IStock