Sul lastrico solare del tetto di una fabbrica situata a un passo dal centro di Torino, con una vista mozzafiato fiato a 360° da Superga, alla Mole Antonelliana fino alle Alpi, scopriamo un meraviglioso e ricco orto-giardino con tanto di serre per la coltivazione di primizie e fiori.
L’efficienza e la funzionalità dello stesso ricalca la personalità dei padroni di casa che in quasi 1400 metri quadri hanno saputo trovare lo spazio per fare convivere roseti, peonie, orchidee con ex-bonsai lasciati liberi ad esprimersi quali il cedro libanese, il fico, il bosso.
Al centro troviamo la serra dove la padrona di casa per dare continuità durante tutto l’anno all’orto, pianta ortaggi secondo la stagione. Al canto degli uccellini si unisce il chiocciare delle galline, nonché il chicchirichì del gallo che ristabilisce l’ordine nel pollaio costruito nel 2007.
Anche le ultime arrivate si uniscono alla melodia con il loro ronzio. Parliamo delle api. Infatti, seguendo il percorso tracciato a inizio secolo da parte di Don Angeleri, rinveniamo in casa Boglione un classico esempio di apicoltura urbana.
La padrona di casa, Stella, quando ci racconta del magnifico mondo delle api appare rapita, nonché affascinata dalla loro efficienza, organizzazione e dedizione al lavoro, sottolineando con grande passione, come questi piccoli insetti aiutino la natura a mantenere il giusto equilibrio.
Villa Rossi a Venaria è una dimora edificata alla fine del ‘600 e successivamente modificata alla fine del diciannovesimo secolo, circondata da un parco di venti ettari, cinque dei quali sono stati adibiti a giardino dai proprietari. Il viale di accesso è delineato da celtis australis e da moltissime querce centenarie.
Una magnolia di centocinquanta anni ombreggia davanti alla villa.
Il giardino è ulteriormente impreziosito da un boschetto di tigli, mentre presso il lago si trova un salice piangente. Peter Curzon, l’architetto paesaggista che ha curato questa splendida proprietà, ha disegnato la terrazza antistante la villa, così come quella davanti alla piscina, oltre che un labirinto pensato come un piccolo parco giochi dedicato ai bambini.
In primavera, dal rigoglioso roseto si diffondono i sentori delle rose da essenza volute personalmente dal proprietario. A colorare il paesaggio anche camelie, ortensie, paulonie e peonie. Degne di nota sono anche le lagostremie e i faggi tricolore. Un tappeto di muschio conduce al labirinto di siepi di alloro, successivamente mutato con foglie di faggio.
L’antica dimora apparteneva a Giovio della Torre e già, nel catasto dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria del 1722, veniva catalogata come “casa di campagna con giardino”.
Nel giardino era da tempo presente il monumentale cedro atlantico datato si presume fine 1600. Nel 1888 dopo il matrimonio tra Rossi (ricco e ambizioso uomo d’affari ) e la contessa Martini, il parco veniva ampliato anche per consentire di frequentare le nobiltà e la corte di Re Umberto I.
Era usanza dell’epoca abbellire i giardini con piante esotiche quali cedri, tulipeferi, sequoie e un intero boschetto di tuie. Questi tutt’ora abbelliscono il giardino con la loro imponenza e colori.
A fine anni ‘70 l’attuale proprietario Pier Luigi Tagliabue costruiva un laghetto arricchito da cascatelle di acqua il tutto circondato con varie piante tra cui Cotone Aster orizzontali e Aceri giapponesi.
Il parco di villa Sambuy circonda la splendida dimora settecentesca, rivisitata dall’architetto Carlo Ceppi nel ‘900, che vi ha aggiunto le due ali laterali.
Il giardino, che costeggia il lungo Po torinese, è caratterizzato da un’ampia varietà di piante ed alberi che mutano essenze e colori attraverso le stagioni, regalando un colpo d’occhio quasi pittorico e sempre mutevole col trascorrere del tempo.
Il parco ha un impianto romantico, con vialetti in cui passeggiare ed una serie di maestosi alberi, fra cui tre grandi Faggi Purpurea ed uno Sylvatica Asplenfolia, che in autunno assume una tinta mielata.
E’ inoltre presente un Cornus Bianco che sempre in questa stagione si veste di rosso cardinalizio, un’Olea fragrans, profumatissima nel mese di settembre, insieme poi a variopinte piante di rose e ortensie che colorano la primavera. Infine, un rigogliosissimo glicine si arrampica sulla facciata della villa.
Un giardino poetico e pieno di estro, frutto non del disegno di un architetto paesaggista, ma della passione della padrona di casa, nata fra i fiori essendo figlia del primo importatore di tulipani in Piemonte.
Il parco di villa Rovere è un tripudio di fantasia e di colori, con macchie variopinte costituite da cespugli di rododendri, ortensie e rose.
Il noto paesaggista Paolo Peirone vi ha messo mano quaranta anni fa, perfezionando in tredici giornate di lavoro questo spazio di sette ettari. Vi si trovano faggi, ortensie quercifoglie e rododendri, mentre la villa è decorata da rose bianche banksia e aceri palmati.
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