Un giardino storico su una collina a ridosso delle Prealpi biellesi, pieno di piante che creano macchie così colorate da lasciare senza fiato.
L’ideatore di questa meraviglia è Giovanni Piacenza, che a metà Ottocento inizia a acquistare terreni sulla collina e a piantare abeti, cedri, sequoie e larici provenienti da tutto il mondo. È però il figlio Felice, pacificamente autodidatta, ad ampliare il parco. Per oltre cinquant’anni compra nuovi terreni e impianta nuovi alberi – tra cui l’albero dei fazzoletti con le sue foglie cuoriformi e le infiorescenze bianco-verdastre – e numerose piante tra cui rododendri, azalee, forsizie, camelie. Infine, crea strade e sentieri da cui ammirare e gustare appieno tanta bellezza. L’opera prosegue con Enzo, figlio di Felice, che chiede al famoso paesaggista fiorentino Pietro Porcinai di progettare l’ingresso al parco così da renderlo ancor più bello e speciale.
Nel 1934 il parco passa di proprietà al Comune di Biella, che ne amplia ulteriormente la superficie. Nel 1980 il parco diventa “Riserva Naturale del Parco Burcina – Felice Piacenza”.Lungo il percorso si alternano boschi di aceri, ontani, abeti rossi, ampi spazi erbosi e aiuole fiorite che accompagnano il visitatore fino alla conca dei rododendri, dove si trovano oltre 200 specie diverse, che nel mese di maggio regalano uno spettacolo di colori che variano dal bianco al rosa fino al rosso rubino; il tutto incorniciato dalla vista sulle montagne, che spaziano dal Monviso all’Adamello.
Foto di Daniele Fusaro e montaggio di Simone Bonzano
Villa Tasca è una storica residenza privata tutt’ora appartenete alla famiglia dei conti Tasca d’Almerita. Il parco di Villa Tasca è un’oasi di verde, di ben oltre otto ettari, che si trova nel cuore di Palermo.
Si accede al parco attraverso un meraviglioso viale di palme che ti accompagna fino alla splendida dimora di impianto cinquecentesco e a quello che viene definito uno dei più importanti esempi di giardino romantico siciliano, che ha ispirato celebri personaggi come Wagner e Goethe.
La visita al parco è un’esperienza indimenticabile, che ti consente di immergerti completamente in una natura piena di incanto e di fantasia. Questo grazie all’ incredibile vegetazione che ti circonda, fatta di acacie secolari, di mandorli centenari, di antichi agrumeti e dei tanti prati verdi che scopri percorrendo i sentieri incorniciati da aiuole bordate di pietra.
Dopo una lunga attesa e a seguito di una ampia ristrutturazione nel 2021 sono stati riaperti i Giardini Reali di Torino, un perfetto corollario al magnifico complesso di Palazzo Reale, ora sede dei Musei Reali.
Si tratta di uno dei luoghi più suggestivi della città che consente ai torinesi e ai turisti di passeggiare in eleganti viali geometrici recentemente rinnovati che rivelano meraviglie botaniche, giochi prospettici e sculture, tra le quali non si può che ammirare la Fontana delle Nereidi e dei Tritoni di Simone Martinez nel Giardino delle Arti, il muro di cinta e i bastioni.
Alzando lo sguardo fra gli alberi e le fontane si incontra la Cappella del Guarini, capolavoro seicentesco del barocco piemontese costruita per custodire la Sacra Sindone, donando all’insieme un tocco di magia reso ancora più speciale dal contrasto fra le parti del giardino ristrutturate e quelle invece innovate, come il boschetto o i vialetti che portano alla prima fontana dell’ingresso.
Il giardino botanico di Castel Savoia custodito dal 1990 all’interno del parco del castello dal quale prende il nome, che venne costruito dalla Regina Margherita nel 1898 a Gressoney Saint-Jean, ha una superficie di circa mille metri quadrati.
Di natura estetica, data la presenza di collezioni di piante con fioriture rigogliose e appariscenti come il Giglio martagone (Lilium martagon), il Rododendro ferrugineo (Rhododendron ferrugineum), la Stella alpina (Leontopodium alpinum), il Botton d’oro doppio (Trollius europaeus), l’Aquilegia (Aquilegia alpina) e tanti altri ancora .
Situato ai piedi della mura del castello dove imponenti esemplari di Larici e Abeti fanno da cornice, troviamo giardino le cui aiuole sono composte da roccere che non vuole dimentica una importante funzione educativa dal punto di vista scientifico, che con un continuo lavoro di etichettatura e censimento delle piante restituisce l’origine, il nome scientifico e la famiglia botanica delle specie presenti.
Il giardino botanico “Paradisia” che si trova all’interno del Parco Nazionale del Gran Paradiso, nella valle di Cogne nato nel 1955 ed è situato a 1700 m di altitudine, deve il suo nome al giglio bianco di monte (Paradisea Lilliastrum).
Un luogo in cui osservare fiori e piante presenti sulle catene montuose delle Alpi e degli Appenini, circa mille specie, così come se si stesse facendo l’esperienza di un’escursione lungo i sentieri del Gran Paradiso ma in cui sono anche stati inseriti ambienti montani ricostruiti come la vegetazione delle zone umide, dei detriti calcarei e delle morene.
Itinerari tematici che conducono alla riscoperta delle proprietà e delle caratteristiche principali delle numerose specie presenti così che si possa anche conoscerle, magari saperle riconoscere e quindi imparare a porre maggiore attenzione verso la natura che circonda i percorsi montani.
Il giardino botanico alpino Saussurea, il più alto giardino botanico d’Europa, a 2.175 metri nel massiccio del Monte Bianco, prende il nome da una pianta molto rara che cresce nei pascoli pietrosi, la “Saussurea alpina”, ma venne chiamato così anche in onore dello scienziato ginevrino Horace Bénédict de Saussure, che nel 1786 fu tra i promotori della prima ascensione al Monte Bianco.
La Saussurea si riconosce per il viola delle sue infiorescenze e per la delicata peluria bianca. Questo giardino è un posto incredibile, in cui trovano casa più di novecento specie alpine, definite così perché situate in una zona precisa dell’ambiente montano: una fascia climatica che inizia dove terminano gli alberi e termina dove prendono il sopravvento le nevi perenni. Un ecosistema abitato da meraviglie botaniche che si possono trovare solo un giardino alpino di questo tipo: con la cura e il mantenimento degli ambienti naturali questo luogo permette di conservare la biodiversità vegetale presente sulle Alpi.
Dal 1926 di proprietà del comune di Genova, Villa Durazzo Pallavicini si trova nel quartiere di Pegli, e consta di un palazzo, da tempo sede del Museo di Archeologia Ligure, di un orto botanico e di un parco di circa 9 ettari, punto di eccellenza fra i giardini storici europei, che nel 2017 ha ricevuto la nomina di “Parco più Bello d’Italia”nella categoria Parchi pubblici.
Il parco nella sua composizione fu realizzato tra il 1840 ed il 1846 da Michele Canzio, scenografo del teatro Carlo Felice, su commissione di Ignazio Alessandro Pallavicini, nipote della marchesa Clelia Durazzo, dalla quale prende il nome l’orto botanico. Il suo rifacimento in stile romantico e la sua apertura al pubblico, con biglietto di ingresso, lo rende una realtà unica, in contrasto con le grandi proprietà patrizie allora destinate al solo uso privato e oggi usate di norma a giardino pubblico di quartiere.
Alla fine degli anni ’20, la proprietà fu donata dagli eredi al Comune di Genova con il vincolo di continuare ad utilizzarla come polo culturale aperto al pubblico.
La Villa, di impianto cinquecentesco, fu anch’essa rimodernata in stile neoclassico dal Canzio e sorge accanto alla chiesa di San Martino. Ai piedi dell’edificio nobiliare si trova l’orto botanico connesso ad esso con una scalinata monumentale, mentre alle spalle si estende il parco su per la collina, collegato al palazzo con la terrazza e una serie di scalinate.
Il parco ha una struttura che rimanda ad una mise en scène teatrale, e segue un percorso narrativo in tre atti non volto solo a ricreare lo sguardo dello spettatore, ma anche intriso di simboli ed allegorie d’ispirazione massonica, secondo gli interessi – anche se mai ufficializzati – del marchese Pallavicini.
Vi invitiamo a percorrere questo luogo davvero incredibile attraverso le immagini che Web-Garden ha colto per voi, e di leggere l’intervista alla direttrice Silvana Ghigino nel nostro magazine.
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