
Le piante nelle fiabe
Questo articolo fa parte del numero 18 di Web Garden: C’era una volta…
Le fiabe, mondi incantati che si rifanno a profondissimi archetipi della vita e della morte, che racchiudono tutte le esperienze umane di cui i piccoli lettori devono imparare a fare tesoro e la moltitudine di paure che attraverso la magia del racconto saranno chiamati ad esorcizzare, si sono da sempre servite della natura come elemento simbolico e narrativo.
Si pensi per esempio al bosco, la fitta selva in cui molti dei personaggi più noti ed amati dei racconti dell’infanzia, da Biancaneve, a Cappuccetto Rosso e Pollicino per citarne solo alcuni, si perdono e all’interno del quale devono ritrovare la via che li porti alla salvezza. Un luogo scuro, minaccioso, sconosciuto, spesso paragonato all’inconscio che richiede di essere sondato, un terreno ignoto nel quale bisogna immergersi per conoscere sé stessi e fare i conti con i propri timori, ma anche dove l’eroe scopre di avere le risorse per emergere e poter tornare alla luce mutato, cresciuto, più forte e consapevole.
Piante generatrici e distruttrici, piante che sono strumento e che sono esse stesse personaggi: la letteratura è ricchissima di spunti in questo senso e Web Garden qui ve ne propone alcuni. Una delle fiabe più dolci, che rimanda a quei vecchi libri di un tempo dalle illustrazioni magnifiche, è “I Fiori della Piccola Ida” di Hans Christian Andersen.
La bambina osserva con rammarico il suo mazzolino di fiori appassire, ed uno studente le spiega che i fiori, dall’aria così stanca, sono esausti per aver danzato tutta la notte in un sontuoso ballo a corte. Nottetempo la piccola si sveglia e va a spiare i suoi fiori, che trova ancora una volta intenti a danzare al cospetto del re e della regina, delle bellissime rose, ed il giorno dopo, sapendo che i suoi fiori hanno vissuto intensamente, può lasciarli andare con serenità, ormai del tutto spenti. È una delle favole meno note del celebre autore, ma di grandissima poesia.

La rosa è uno dei personaggi chiave del “Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupéry, una favola che affronta con estrema delicatezza tutti i grandi temi dell’esistenza: amore, amicizia, distacco. Simbolo dell’amore romantico, il piccolo eroe si dedica al fiore, immagine della donna, dispensandogli cure, attenzioni, dedicandogli il suo tempo con abnegazione.
Ed è così che impara ad amare, perché comprende che sono i gesti che le ha donato, a rendere quella rosa la sua rosa, sono ciò che fanno si che sia unica e specialissima in una moltitudine di rose che altrimenti si assomiglierebbero tutte: “Gli uomini coltivano cinquemila rose nello stesso giardino… e non trovano quello che cercano… e tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua”, comprende. Ed è ancora una rosa il simbolo dell’amore che va trovato oltre l’apparenza, come ci viene narrato ne “La Bella e la Bestia”, un amore che se non viene compreso nella sua sostanza più profonda appassisce e muore.

E’ una pianta dispensatrice di vita e di morte quasi da Antico Testamento il cespuglio del terribile racconto “Il Ginepro” dei fratelli Grimm. Caratterizzati da risvolti estremamente cruenti, i racconti di questi autori tedeschi hanno terrorizzato i bambini di molteplici generazioni. È il ginepro a donare la maternità ad una sposa infertile, regalandole un bambino bianco come la neve e rosso come il sangue, ed è ancora il ginepro a vendicarne la dipartita – avvenuta nei modi più abominevoli – tramite un maestoso e variopinto uccello generato dal magico cespuglio che ne canterà le vicende e ne punirà, naturalmente con la morte, l’assassina.
Moltissime sono le fiabe in cui gli elementi della natura sono magici strumenti che concorrono ad aiutare o a mettere in difficoltà il protagonista. Cenerentola non avrebbe mai potuto raggiungere il ballo se non fosse stato per la zucca trasformata in carrozza, e come avrebbe fatto Alice, nel suo Paese delle Meraviglie, a mutare di dimensione senza i suoi funghi magici?
Jack vive le avventure più strabilianti grazie ad una manciata di fagioli dai poteri straordinari e sono le casacche di ortiche, lavorate nel dolore, che restituiscono ai principi le loro originali sembianze ne “I Cigni Selvatici”, ancora una volta di Andersen.
Si dice che la nostra vita terrena abbia avuto inizio con il morso dato al frutto di un albero diverso da tutti gli altri alberi, e da allora la profonda simbologia della natura non ha mai abbandonato l’uomo e la sua interpretazione del mondo che lo circonda.
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