Il Foliage, l’armonia di colori dell’autunno

Il Foliage, l’armonia di colori dell’autunno

Questo articolo fa parte del numero 19 di Web Garden: Armonie autunnali…

L’autunno: quella stagione in cui lentamente la natura si ripiega su sé stessa e piano piano si lascia morire in attesa della rinascita primaverile. È un periodo di malinconica contemplazione, di trasformazione lenta, di raccoglimento. Ma questo spogliarsi necessario, questo mettersi a nudo per prepararsi alla veste nuova che il futuro le riserva, è caratterizzato in alcuni luoghi da uno dei più meravigliosi spettacoli di colori che la natura possa offrire, una sorta di glorioso canto del cigno.

Noto con il termine di foliage, la sua derivazione è inglese ed indica semplicemente il fogliame degli alberi. Si deve agli Stati Uniti l’accezione che oggi se ne fa comunemente, ossia lo splendore del mutamento dei colori delle foglie in questa stagione. Il verde rigoglioso lascia il posto alle sue sfumature più tenui che poi virano al giallo, al rosso, a tutti i toni di marrone. I colori si sovrappongono, si intrecciano ed anche la terra si copre di un tappeto di foglie le cui nuances non sarebbero riproducibili dall’artista più fedele. L’aria è umida e sa di natura, mentre nella brezza le foglie si liberano dai rami come stormi di uccellini. Il graduale mutare dei colori del foliage però non riguarda tutte le specie di alberi, ma solo le caducifoglie che si trovano in zone dal clima temperato.

Web Garden vi accompagna in una passeggiata in giro per il mondo, in alcuni dei luoghi dove questo trionfo raggiunge il suo apice.

Non si può cominciare questo viaggio virtuale se non dal Canada. Il secondo paese più esteso del mondo (dopo la Russia), ha relativamente pochi abitanti ed una natura vastissima ed incontrastata: chilometri di boschi in cui l’acero regna sovrano, tanto che la sua foglia campeggia al centro della bandiera nazionale. Sono moltissimi i parchi nazionali che nel periodo del foliage offrono la vista di panorami mozzafiato, dal parco di Algoquin, vicino a Toronto, al Riverwood Park, nei pressi di Mississauga. L’Agawa Canyon offre un meraviglioso tour in treno, che prevede una corsa di 22 kilometri nel mezzo di una natura tanto spettacolare da essere stata fonte d’ispirazione per Tom Thomson e il Group of Seven, fra i maggiori pittori paesaggisti dei primi del secolo scorso.

Sempre in Nord America, è nel New England, la zona a nord est degli Stati Uniti, che si ammirano i più incantevoli paesaggi autunnali. Le White Mountains del New Hampshire sono una delle destinazioni più ambite al mondo in questa stagione, dipinte del rosso dei loro aceri. Sempre qui sono immancabili le Silver Cascade Falls, nella contea di Carroll: una cascata di 80 kilometri circondata dal bosco. Ma anche la California, dal lato opposto della costa, sebbene meno nota per il foliage, offre una valida alternativa: il Bishop Creek Canyon, per esempio, regala un vasto panorama di rosso e di giallo con le montagne della Sierra Nevada a fare da sfondo. Per una meta più urbana, è meraviglioso il contrasto fra i colori dorati degli alberi d’autunno nel Central Park di New York e le linee precise dei moderni grattacieli che squarciano il cielo di Manhattan.

Spostandoci in Europa, ci dirigiamo verso la Scozia, dalla natura aspra e romantica allo stesso tempo. La foresta di Pitlochry è molto particolare, poiché i suoi pini non cambiano colore, ma formano pennellate di verde fra le variopinte sfumature di tutti gli altri alberi. In ottobre qui si tiene l’Enchanted Forest, un evento notturno in cui la foresta viene animata da luci e musica. L’isola di Skye invece permette di ammirare i giochi di colori riflessi sull’acqua ed una natura che sembra infinita. Un po’ più a sud, in Inghilterra, si può percorrere la foresta di Dean, nel Gloucestershire, sia a piedi che in bicicletta e passeggiare fra i roveri, i castagni ed i faggi tra i quali un tempo cacciava la famiglia reale. Molto particolare è anche il Lake District National Park, che ha ispirato poeti da Coleridge a Wordsworth.

Qui, ai colori tradizionali degli alberi, che possono essere ammirati anche con escursioni in barca lungo i numerosi corsi d’acqua, si unisce quella più unica degli arbusti, che punteggiano il paesaggio con macchie di ocra e di viola. In Francia, la zona della Loira, con i suoi magnifici castelli ed i suoi vigneti a perdita d’occhio, in autunno regala viste commoventi.

Se il Giappone è certamente noto per l’hanami, la fioritura primaverile dei suoi meravigliosi sakura, i ciliegi rosa che tutti conosciamo, anche il foliage autunnale, qui conosciuto come koyo, fa parte della grande tradizione locale e permette di ammirare in particolare i colori fiammeggianti dei suoi aceri. I luoghi migliori in cui bearsi di questo tripudio di rossi sono la città di Nikko, nei pressi di Tokyo, patrimonio dell’umanità dell’Unesco e Kyoto, nel periodo tardo autunnale di novembre e dicembre.

Lo spettacolo del foliage ha un tempo breve ma intensamente emozionante, è l’ultimo fuoco d’artificio al termine della festa. Un momento da assaporare pienamente e di cui riempirsi gli occhi e il cuore prima del sonno invernale.

Una giornata nelle Langhe: Camo e Canelli

Una giornata nelle Langhe: Camo e Canelli

Questo articolo fa parte del numero 19 di Web Garden: Armonie autunnali…

Un piccolo borgo proprio al centro delle Langhe, che conta appena 180 abitanti, ospita un sorprendente museo a cielo aperto dove sono esposte più di 400 opere di artisti nazionali e internazionali. L’idea nasce nel 2012 quando Camo, fino ad allora Comune, diventa per referendum frazione di Santo Stefano Belbo. Per continuare a fare vivere il paese raccontato anche da Cesare Pavese ne La luna e i falò, l’ex sindaco e Claudio Lorenzini scelgono l’arte come strumento di valorizzazione del territorio. Così oggi, tra le vie e le case di Camo, si snoda MCA, il Museo a Cielo Aperto che si può visitare 365 giorni l’anno, 24 ore su 24.

Sabato 5 novembre, accarezzati da un tiepido sole autunnale, i soci di Web Garden si sono lasciati emozionare dalla visita di Camo, ammirando le opere dei numerosi street artist guidati dalla responsabile del museo Marinella Sacco, che con pazienza e garbata gentilezza ci ha illustrato la storia del paese e degli artisti che hanno donato le proprie opere, incantati dalla bellezza del luogo e dal progetto di questo piccolo borgo.

Camminando lungo le vie abbiamo incontrato, tra le tante, le opere di Sergio Padovani, Mr. Fijodor, RefreshInk, Bottura: alcuni degli artisti che hanno fatto di Camo la tela dei loro capolavori, spesso incastonati tra le vie del borgo e i suoi sentieri.

Allontanandosi un poco dal paese per arrampicarsi in mezzo ai filari di uva, sul bricco delle Allodole, siamo giunti allo straordinario murales dedicato a San Sebastiano di Andrà Ravo Mattoni. Da lì, seduti su una panchina, ecco una vista spettacolare sui paesaggi di Langhe, Roero e Monferrato – Patrimonio Unesco dell’Umanità. E, sullo sfondo, la limpidezza della giornata ci ha regalato la visione mozzafiato dell’intero arco alpino. La visita si è conclusa all’interno del Museo del Riciclo, dove l’artista Ann Stefani ha spiegato le sue creazioni realizzate grazie al recupero di tutti i materiali presenti in Natura, da lei ripensati per dare vita alle sue opere.

Prima di congedarci, Marinella Sacco ci ha indicato il luogo dove – nel 2014 – è stata sotterrata una capsula del tempo con lo scopo di raccontare la storia di Camo ai posteri e lasciare traccia del passaggio dei vari artisti che si sono lasciati incantare dalla magia del luogo. La capsula verrà aperta nel 2514.

Partiti con il cuore pieno di serenità e bellezza, siamo arrivati a Canelli presso le Cantine Bosca, per il secondo tour della giornata: la visita alla Cattedrale Sotterranea. A riceverci c’era Polina Bosca, testimone insieme ai suoi fratelli della sesta generazione dell’azienda vinicola, che ci ha narrato l’origine delle Cattedrali Sotterranee, anch’esse dal 2014 Patrimonio Unesco dell’Umanità assieme ai “Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato”.

La visita si è snodata attraverso le lunghe gallerie, dove Polina ha illustrato le varie fasi di produzione dello spumante distribuito in tutto il mondo. Accompagnata da un gioco di luci e di musica, la voce di Polina ci ha guidato lungo un percorso sensoriale ed emozionante dove abbiamo capito l’importanza che questa famiglia attribuisce alla tradizione, all’amore per il territorio e alle sue origini. È questa la ragion d’essere della Riserva del Nonno, spumante metodo classico che la famiglia Bosca produce, seppur in quantità limitata, proprio per non perdere il contatto con una tradizione che risale al 1831.

Se l’obiettivo di questa giovane donna e dei suoi fratelli era quello di appassionare i visitatori e farli emozionare, non si può che fare loro i complimenti per il risultato raggiunto. La perfetta combinazione tra l’architettura della Cattedrale e le opere di Guglielminetti lì presenti, assieme ai giochi di luce che proiettano nell’ambiente colori accesi che passano dal verde al fucsia, hanno creato una magia unica. La visita si è conclusa con una degustazione di tre spumanti: Alta Langa DOCG, Rosé Esploro e Fragola Sparkletini.

Contenti e spensierati ci siamo poi recati presso l’osteria Ca’ Bazon, che si trova proprio di fronte alla cantina appena visitata. Qui Roberto, il gentilissimo proprietario, aveva preparato una lunga tavola allestita con acqua e vino: dopo pochi minuti, già ci deliziava con il suo prelibato menù.

L’evento si è concluso a pomeriggio avanzato, nella consapevolezza che la bellezza dei luoghi e la passione di chi ci ha fatto da guida hanno regalato a tutti i soci di Web Garden una giornata memorabile.

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Quando la zucca dei Peanuts si trasformò in cocomero

Quando la zucca dei Peanuts si trasformò in cocomero

Questo articolo fa parte del numero 18 di Web Garden: C’era una volta…

Di Linus – quello originale, non il dj – tutti conoscono la coperta azzurra: quella security blanket da cui il piccolo e saggio amico di Charlie Brown non si separa dal 1° giugno 1954; un oggetto così celebre da essere diventato un modo di dire. 

Ognuno di noi ha la sua “coperta di Linus”. Da bambino può essere una bambola di pezza o un pelouche; da grande, un talismano o un rito privato che ci dà sicurezza. Ma c’è un’altra cosa di cui Linus van Pelt ha bisogno almeno quanto della sua coperta: è la fede incrollabile nel Grande Cocomero, entità sovrannaturale che ogni anno, ad Halloween, sceglie l’orto “più sincero” del mondo per portare doni a tutti i bambini della Terra. 

La verità è che il Grande Cocomero non è mai stato un cocomero, se non nelle edizioni italiane dei Peanuts. Si tratta di una zucca, anzi della Grande Zucca (The Great Pumpkin), il cui nome è citato per la prima volta negli Stati Uniti in una striscia del 26 ottobre 1959, quando in Italia di Halloween si sa più niente che poco. 

Per il geniale fumettista statunitense Charles M. Schulz, papà dei Peanuts, The Great Pumpkin è un altro modo per raccontare un pezzo di vita attraverso lo sguardo lucido e tagliente dei suoi bambini-grandi. 

Per i curatori italiani dei Peanuts, che il 20 febbraio 1961 pubblicano per la prima volta Schulz a pagina 7 di Paese Sera, è un grattacapo. Le parole americane root beer e marshmallow sono, per i lettori degli Anni Sessanta, nomi senza significato: così la prima – una bevanda frizzante tipica degli USA a base di estratti di radici – si trasforma in “orzata”; la seconda – il morbido cilindretto di zucchero bianco-rosa oggi diffusissimo, declinazione commerciale di un antico dolce ricavato dalla pianta Althaea officinalis – diventa “toffoletta”. 

All’inizio, persino Charlie Brown è orfano del proprio nome. I traduttori lo ribattezzano Pierino, quasi quel bambino dalla testa rotonda che dialoga con il suo cane-filosofo fosse roba da niente, invece che l’incarnazione della commedia umana: emblema del perdente che, ostinatamente, resta fedele a se stesso.

La più eclatante libertà che si accollano i traduttori è proprio il Grande Cocomero. A scegliere il nome è Bruno Cavallone, che nel 1963 cura per conto di Milano Libri i primi quattro volumi italiani dei Peanuts. Secondo il suo raffinato palato, Grande Zucca suona male. Non è abbastanza suggestivo, e poi in Italia vige ancora Babbo Natale: occorre un nome maschile che possa evocarlo ai lettori.  Nel 1965 i Peanuts passano al fratello, Franco Cavallone, che li traduce per la rivista Linus, diretta dallo scrittore e giornalista Oreste del Buono, cui va il merito di aver reso popolari in Italia i personaggi immaginari di Schulz. 

In quel periodo, la notte di “dolcetto o scherzetto” non la conosce nessuno. Meglio, quindi, un ortaggio più mediterraneo e succoso, e pazienza se il cocomero ricorda l’estate. La sua traduzione funziona così bene che nessuno si azzarderà più a correggerla, e nel 1993 la regista romana Francesca Archibugi la prenderà a prestito come titolo di un delicato film sui disturbi psichici dei bambini. “Il Grande Cocomero”, appunto.

Ed eccolo, l’ingenuo ma saggio Linus van Pelt, il credulone che cita le Sacre Scritture: da 63 anni intento a presidiare, ogni notte di Halloween, il suo orto di zucche. Prima o poi – ne è certo – il Grande Cocomero passerà anche da lì. E, sebbene immancabilmente deluso, la sua fede non vacilla mai. 

«Io credo che il Grande Cocomero sorgerà nella notte di Halloween e volerà nel cielo con il suo sacco pieno di giochi per ogni bambino del mondo» dice a quella bisbetica della sorella maggiore Lucy. Che lo prende in giro riportando a Charlie Brown la «dichiarazione di scemenza» di suo fratello. «Dichiarazione di FEDE!!» le urla contro Linus, assicurandole che il Grande Cocomero è già stato avvistato sopra alcuni campi degli Stati Uniti.

L’unica a dargli retta è Piperita Patty, perché la sua storia è «talmente stupida e impossibile» che potrebbe essere vera. Anche Sally Brown, la sua innamorata, ogni tanto gli fa compagnia nel campo di zucche. E persino Snoopy, per quanto non ci creda granché. A oggi, The Great Pumpkin non si è mai fatta vedere, ma anche quest’anno Linus sarà lì ad aspettarla.

Dopo tanta incrollabile attesa, visto mai che il 2022 sia la volta buona?