Questo articolo fa parte del numero 8 di Web Garden: Infinito
Nel mese di Halloween – festa pagana di fine ottobre che riporta in vita i morti e, talvolta, spaventa a morte i vivi – il Magazine di Web Garden si cimenta con l’Aldilà tra serietà e leggerezza dall’antico al moderno, dal serio al leggero.
Dal Giappone rurale alla scena artistica di New York fino alla Tokyo contemporanea: Yayoi Kusama.
Una figura leggendaria quella dell’artista nipponica, che ancora crea scalpore in patria ma che di certo, oltre ad averla resa iconica e leggendaria , spinge chi si avvicina alla sua produzione e in qualche modo alla sua storia a compiere un viaggio al limite tra una fiaba e uno shock.
Yayoi Kusama, classe 1929, nasce Matsumoto, in Giappone. Cresce in un Giappone misogino e arretrato, in cui viene perennemente ostacolata dalla madre tradizionalista che la obbliga ad andare con il padre agli incontri con le geishe e che cerca di allontanarla dalla sua vocazione per la pittura, e più in generale l’arte.
In tenera età, con l’insorgere di particolari disturbi psico-emotivi, inizia a dipingere. A dieci anni, nel momento in cui sopraggiungono allucinazioni uditive e visive, cerca e spontaneamente trova nella pittura lo strumento attraverso cui rapportarsi, per esprimere tutta la sua complessa emotività.
Crescendo comprende sempre più che in “quel Giappone” e in “quella famiglia” non avrà la libertà di pensiero e gli strumenti di cui avrebbe bisogno per dare sfogo alla sua creatività, alle sue emozioni più intime.
Così, arriva il momento del viaggio verso quel luogo in cui tutto sempre possibile, the Big Apple: New York la accoglie, la contamina e a fine anni ’50 le offre la possibilità di esporre i primi lavori, quelli che la renderanno poi riconoscibile per l’incredibile ossessione per i punti, ovvero tele lunghe quasi dieci metri in cui si ripetono infiniti punti di struttura e di centro. Lavori che andranno a comporre la serie di produzioni Infinity Net e che le permetteranno di essere riconosciuta come artista rivoluzionaria, consolidando la sua posizione dell’avanguardia newyorkese.
Al centro del mondo dell’arte negli anni ’60, è entrata in contatto con artisti tra cui Donald Judd, Andy Warhol, Joseph Cornell e Claes Oldenburg. Ha barattato la sua identità di “estranea” in molti contesti: come artista donna in una società dominata dagli uomini, come giapponese nel mondo dell’arte occidentale e come vittima dei suoi stessi sintomi nevrotici e ossessivi.
Ma a metà degli anni ’70, dopo aver raggiunto fama e notorietà, torna in Giappone che dice aver perso “la parte migliore della propria storia per ricorrere ad una squallida modernizzazione”. Dopodiché entra volontariamente nell’ospedale psichiatrico di Seiwa, probabilmente nell’esigenza ossessiva di potersi riabilitare dai traumi psicologici che l’hanno segnata, ma non smette di dipingere e produrre dipinti e installazioni che faranno di lei una delle artiste più prolifiche della scena contemporanea.

Ma perché raccontare la sua storia per questo numero del magazine di Web Garden?
Perché la Kusama è legata alla zucca, uno dei simboli indiscussi della festa di Halloween. Se l’usanza nell’impiego delle zucche come ornamento nella festa più spettrale dell’anno potrebbe collocarsi all’interno di una leggenda irlandese secondo cui tal Jack’o’lantern fece un patto col diavolo che diede a Jack un tizzone ardente da collocare in una rapa (nella tradizione irlandese c’era prima la rapa poi è arrivata la zucca) per farsi luce nel buio della notte. In questo modo lo spirito di Jack rimase a vagare nell’oscurità e nella notte di Halloween errava in cerca di un posto dove stare.
Per l’artista si lega invece alla storia familiare: la sua famiglia coltivava semi di piante a Matsumoto e imparò a conoscere la zucca kabocha nei campi che circondavano la sua casa d’infanzia, tanto da scrivere nel suo libro Infinity Net: l’Autobiografia di Yayoi Kusama: ‘Sembra che le zucche non ispirino molto rispetto. Ma sono rimasta incantata dalla loro forma affascinante e accattivante. Ciò che mi ha attratto di più è stata la generosità senza pretese della zucca. Questo e il suo solido equilibrio spirituale”.
In occasione del Fiac Hors les Murs, famosa fiera d’arte parigina, Yayoi Kusama propone e installa una gigantesca scultura di zucca gonfiabile vicino alla Colonna Vendôme, in Place Vendôme, coperta con il suo caratteristico motivo a pois: “Life of the Pumpkin Recites, All About the Biggest Love for the People”, la più grande zucca mai realizzata da Kusama in tutta la sua carriera.
Yayoi Kusama, a più di 90 anni, continua a produrre opere che vanno ad arricchire la collezione My Eternal Soul, esposta in parte in questo momento a Tokyo: duecentosettanta opere che raccontano il pensiero più recente della pittrice, e che danno origine a una sintesi tra i vecchi lavori e quelli nuovi.
Una figura leggendaria quella dell’artista nipponica, che ancora crea scalpore in patria ma che di certo, oltre ad averla resa iconica e leggendaria, spinge chi si avvicina alla sua produzione e in qualche modo alla sua storia a compiere un viaggio al limite tra una fiaba e uno shock.
Esattamente come il mood con cui siamo chiamati ad approcciare il mese di ottobre.



