Questo articolo fa parte del numero 10 di Web Garden: Creare e Conservare
Per concludere con il vecchio ed aprirsi al nuovo che avanza, il Magazine è dedicato alla costante tensione fra il creare ed il conservare in arte e in natura.
Le Langhe, colline di antiche tradizioni, il tour di Web Garden fra il Parco d’Arte della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e il gusto della Cantina Ceretto.
Il primo evento organizzato da Web Garden arriva una domenica di novembre, il 21, con la nebbia appoggiata sui dolci declivi delle Langhe, tra le memorie remote di terre e vigneti che dal 2014 – assieme a Roero e Monferrato – sono Patrimonio Unesco dell’Umanità.
Tra le colline che custodiscono antiche tradizioni di Barolo, Barbaresco, Dolcetto, Nebbiolo, Roero, Arneis, Barbera, Spumante e Moscato d’Asti,
il tour inizia da un luogo che più lontano dalla cultura (e coltura) centenaria vitivinicola non si può: il Parco d’arte della Collina di San Licerio, a Guarene; succursale a cielo aperto della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, che da Torino, da 25 anni, promuove arte e artisti contemporanei con sapienza e determinazione.
Il Parco d’arte si snoda tra salici, querce, cipressi e i filari di una vigna di Nebbiolo, circondato da campi e noccioleti che sorvegliano il visitatore mentre scopre le opere permanenti. Ci sono le tre antenne paraboliche con recinzioni fuse in acciaio di Paul Kneale, che nella notte s’illuminano di rosso (“Flat Earth Visa”, 2019). Assieme ai mediatori della FSRR – giovani appassionati che spiegano le installazioni senza le verbosità concettuali che allontanano dall’arte – ecco per Web Garden una mediatrice d’eccezione. Lei, Patrizia Sandretto, che scalda la mattinata freddina illuminando un mondo “che non occorre capire, ma che aiuta a riflettere”.
C’è l’imponente fusione in alluminio di Marguerite Humeau, dal cui centro esplodono, ingigantiti, i microscopici fiori maschili e femminili della vite (“Rise”, 2021). Dal fondo di una passerella compare la scultura biomorfica di Wilhelm Mundt, che ricicla scarti di legno, plastiche e imballaggi creando una pietra fatta di rifiuti (“Trashstones 036”, 1991); e poi le opere di Ludovica Carbotta, Manuele Cerutti, Mark Handforth e il “Vehicle (Amphibian)” di Carsten Höller (1999): veicolo stravagante che funziona a fantasia. Si sale con l’immaginazione e si viaggia di creatività.
Cambio di scena. Cambio di donna.

Qui è Roberta Ceretto, terza generazione dell’azienda vinicola che porta il suo cognome, a guidare la seconda tappa del tour. Il “qui” è la Tenuta Monsordo Bernardina, alle porte di Alba; casolare che fu anche teatro della storia d’amore tra Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, e la Bella Rosina, sua moglie morganatica.
Tra un’antica barricaia, con volte in mattoni e cancellate di ferro, e una struttura tecnologica che culmina con una grande capsula trasparente a forma di acino d’uva, si esprime l’equilibrio tra creazione e conservazione: nei vini, e nell’architettura. Monsordo Bernardina è una delle quattro Cantine Ceretto, scelta negli anni ‘80 come quartier generale.
Edificio massiccio del 1850, nel 2009 si è allungato verso i suoi 30 ettari a vite inglobando l’Acino, installazione permanente, leggera come una bolla da cui il visitatore si affaccia sullo sconfinato panorama delle Langhe. È in questa parte della tenuta, quella nuova, quasi minimale, che si tengono le degustazioni: dal rivoluzionario Blangè (Langhe D.O.C. Arneis) al tradizionale Barbaresco D.O.C.G., e naturalmente Web Garden non ha lesinato altri calici.
Ultima scena, ciak si mangia. E dove se non nell’antichissima Monforte d’Alba, che conserva tracce del Neolitico e frammenti d’epoca romana, inserita a ragione tra i “Borghi più belli d’Italia”.
Tra le stradine di un centro storico d’impianto medievale, leggermente arroccata ma non tanto da perderci il fiato, una porta si apre sull’Osteria La Salita, archi di mattoni e un pianoforte, immersa nel verde quando si può, ma a novembre non si può. L’alternativa d’autunno è una sala riservata e una lunga tavola, dove gli antipasti terminano alle tre e poi s’inizia coi tajarin.
Il primo tour di Web Garden si chiude così, tra chiacchiere e risate, finalmente seduti dopo tanto camminare, a commentare i luoghi appena scoperti e questi piatti tradizionali con qualche guizzo di modernità. Ottima cantina, 600 etichette, ma nessuno lo dubitava.
E dunque andateci. Oppure, se preferite, vi riportiamo noi.
Foto di Simone Bonzano per Web Garden







