Questo articolo fa parte del numero 11 di Web Garden: la Matematica della Natura.
Vogliamo celebrare la Natura, l’equilibrio e la perfezione del creato, tratti che portano a pensare che quanto osserviamo sia l’opera di un’intelligenza sublime e superiore.
La Natura che ci circonda ci sbalordisce spesso per il suo equilibrio e la sua perfezione, tanto da suggerirci l’opera di un’intelligenza sublime e superiore.
Questa meravigliosa precisione di forme e di ritmo si esprime essenzialmente attraverso la matematica, che costituisce così non tanto una conseguenza o una casualità della realtà in cui siamo immersi, ma ne è vero seme e strumento che ci permette di comprendere l’essenza e la funzione del creato.
Bertrand Russell, nella sua opera Storia della Filosofia Occidentale, parlando di Pitagora, il primo a teorizzare che i numeri fossero all’origine stessa della Natura, nota che:
“La matematica… comincia con lui e in lui è strettamente connessa con una particolare forma di misticismo… Anche le dottrine mistiche sul rapporto del tempo con l’eternità sono rafforzate dalla matematica pura, dato che gli oggetti matematici, come i numeri, anche se del tutto reali, sono eterni e fuori del tempo. Tali eterni oggetti si possono concepire come pensieri di Dio. Di qui la dottrina platonicache Dio sia geometra.”
E se Sant’Agostino trovava nel numero la traccia dell’espressione di Dio, il filosofo e teologo francescano San Bonaventura scriveva nel tredicesimo secolo che:
“tutte le cose sono dunque belle e in certo modo dilettevoli; e non vi sono bellezza e diletto senza proporzione, e la proporzione si trova in primo luogo nei numeri: è necessario che tutte le cose abbiano una proporzione numerica e, di conseguenza, il numero è il modello principale nella mente del Creatore e il principale vestigio che, nelle cose, conduce alla Sapienza.”
La scienza moderna, dalla fisica alla biologia alla chimica, non fa che confermare come l’universo tutto si muova secondo precise ed eleganti formule matematiche, applicabili all’immensità delle galassie così come alle piccole tessere che compongono le ali delle libellule. E se Pitagora intravede nei numeri l’origine del cosmo, ed Euclide definisce la sezione aurea, ossia la proporzione geometrica che diventa l’archetipo della perfezione, è infine il matematico Fibonacci che nel duecento elabora una successione numerica che oggi usiamo per descrivere dal moto planetario al volo degli uccelli, dalla struttura del nautilus e delle ammoniti, alla disposizione dei semi dei girasoli, fino alla microscopica perfezione della famosa doppia elica del DNA, quella sequenza di proteine e amminoacidi che va poi a scrivere la vita stessa.

La sequenza di Fibonacci è una successione di numeri, in cui il numero successivo è la somma dei due che la precedono: 1,1,2,3,5,8,13,21… e così via. Facendo il rapporto tra i due numeri vicini nella successione, si ottiene Phi (1,618), ossia il rapporto aureo, considerato il numero della proporzione divina.
La Natura è un continuo susseguirsi di rapporti aurei, che troviamo per esempio nelle spirali della nostra impronta digitale, così come nel rapporto fra le falangi della mano. La spirale logaritmica che disegna la struttura delle conchiglie, ma anche la distribuzione dei pigmenti sul loro corpo, o la disposizione dei petali della rosa, il numero dei petali della margherita, o la traiettoria di volo del falco pellegrino così come quella degli insetti, è anch’essa un’infinita ripetizione di proporzioni auree.
Le spirali sono poi la base dei frattali, figure geometriche meravigliose che vanno a disegnare le forme del broccolo romanesco, così come a descrivere il modo in cui la luce si propaga nello spazio, le forme dei cristalli e la struttura degli atomi.
Tale è l’equilibrio della porzione aurea, e l’intento dell’artista quello di riuscire a catturare la bellezza regalata dalla Natura, che la sezione aurea è costantemente utilizzata nell’arte. Leonardo da Vinci ne ha seguito per esempio le proporzioni nell’Uomo Vitruviano, notando ciò che scriveva Vitruvio, ossia che:
“il centro del corpo umano è inoltre per natura l’ombelico; infatti se si sdraia un uomo sul dorso, mani e piedi allargati, e si punta un compasso sul suo ombelico, si toccherà tangenzialmente, descrivendo un cerchio, l’estremità delle dita delle sue mani e dei suoi piedi.”
Ma anche la Gioconda stessa riflette il rapporto aureo sia nelle proporzioni del viso che nella disposizione della figura all’interno del quadro. Galileo Galilei non sbagliava quando nel Il Saggiatore (1623) considerava che:
“… la filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi a gli occhi ma non si può intendere se prima non si impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, né quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto”.
Ed è proprio così: tutto intorno a noi è magnificamente e matematicamente compiuto, tanto che per il celebre matematico indiano del novecento Srinivasa Aiyangar Ramanujan:
“Un’equazione … non ha senso, se non rappresenta un pensiero di Dio.”
