Incontro con Marco Segantin

Marco Segantin, un visionario che ha fatto della sua passione, i fiori, un mestiere, creando un atelier famoso in tutto il mondo.

Questo articolo fa parte del numero 2 di Web Garden: Colori.

I fiori, con le loro incredibili combinazioni cromatiche che ci stupiscono, ci scuotono, che ci risvegliano e catturano la nostra attenzione.


“Questa è l’opportunità che ci ha ridato questa pandemia: il riavvicinamento, anche e soprattutto per i più piccoli, alla natura, al verde, ai fiori, ai colori e alla gioia che esprime”

Marco Segantin è un visionario. Un uomo che è riuscito a fare della sua passione un mestiere che lo ha portato e lo porterà ancora in tutto il mondo. Il suo Atelier Fleuriste di Chieri (Torino) è la sua casa e i collaboratori la sua famiglia: Web Garden è andata a visitarlo e le emozioni visive e olfattive sono state indescrivibili.

Appena entrati siamo rimasti meravigliati per tanta bellezza, eleganza e serenità. Uno scrigno magico che emana creatività in ogni stanza e in ogni angolo.

Come è nata la tua passione, da cui poi hai iniziato il tuo mestiere di flower designer?

Il mio lavoro era tutt’altro, ma mi sono innamorato dei miei fiori e delle mie piante e da lì mi sono allontanato e cominciato a studiare la mia professione per aprire il primo negozio a Santena, poi a Chieri e poi a Torino. Da lì è nato un percorso dove i nostri clienti e i nostri collaboratori ci hanno portato a crescere. Abbiamo lavorato per architetti, per la moda, per case semplici e case importanti: tutti ci hanno aiutato a scrivere la nostra storia.

In Italia non esiste una scuola statale dove imparare l’alta artigianalità, compresa l’arte del flower design. Infatti abbiamo un sogno, un progetto: la creazione di un’accademia per lavorare sia con le persone che vogliono intraprendere questa professione, sia con le scuole. Ho avuto questa esperienza in passato ed è stata un’emozione meravigliosa, il far riscoprire il mondo vegetale, dei fiori e delle piante, insegnando ai giovani a non averne paura.

La passione che c’è nel tirare su da un seme la piantina e dalla piantina a pianta vera, fino ad arrivare a un fiore. Questa è una sensazione che a un bambino non deve mancare: non si deve stupire di fronte a una pianta che cresce e non deve aver paura di toccarla. Bisogna anche imparare una percezione tattile. Nessuna pianta è così delicata da non poter essere toccata.

I bambini devono capire anche la cura di una pianta e della natura. La natura è perfetta. Bisogna anche imparare a rispettarla. Rispetto anche del vivere sano, capire il processo di una pianta anche per capire cosa c’è dietro, le persone che lavorano per salvaguardare specie che altrimenti si estinguerebbero.

Dietro questo disastro c’è una grande opportunità, quella di rivedere la natura come generatrice.

Come è nata la bellissima location di Chieri? 

Nasce da un’esigenza di clientela prettamente estera. Sovente quando devi parlare di progetti importanti devi fermarti un paio di giorni. Un hotel era scomodo, così abbiamo creato una specie di laboratorio dove possiamo addirittura ospitare i nostri clienti e parlare fino a notte fonda di progetti e campioni. Sovente la gente non ha le idee chiare e quindi è difficile scegliere le nuances di colore, abbinarle a delle forme e delle strutture. Soprattutto per quel che riguarda gli eventi legati alla moda, dove anche ogni minima nuance ha un’importanza fondamentale.

Quando ti danno un progetto, quali sono gli step e la progressione?

Per un evento moda, per esempio, si parte da una stagionalità sbagliata: quello che noi vedremo d’estate parte due inverni prima. Dietro c’è uno studio enorme e devi trasportare la collezione nel futuro. Hai colori e sensazioni completamente differenti e quello che devi cercare di trasmettere.

Completamente diverso è un evento, come potrebbe essere un matrimonio: è un processo molto più veloce e le famiglie hanno delle idee abbastanza chiare, spesso hanno anche già una location. Bisogna poi creare tutto attorno una cornice, che va dalla tovaglia al menù. In realtà ci occupiamo un po’ di tutto perché ci deve essere un’armonia unica, un bouquet di sapori e di emozioni che devono essere trasmesse al nostro invitato. La location è il vestito: se scelgo una location moderna, tutta la decorazione, il menù, deve essere una presentazione estremamente moderna. Se scelgo una struttura barocca, tutto l’evento sarà barocco. Se siamo a Capri avremo colore, se in montagna in inverno, poco colore, se siamo in giardino grandi cappelli colorati.

Per un evento a Firenze, mi ricordo, il tema era una villa al mare e avevamo trasportato non so quanti tir di vetro spezzato per ricreare il luccichio del mare, comprese palme e di tutto di più: è davvero divertente e stimolante!

In questo periodo sentiamo molto parlare di Orto Giardino. Tu ne hai mai fatti?

Oh sì, meraviglioso! In centro a Torino c’è un terrazzo di 200 metri quadri di giardino: gli abbiamo messo addirittura piante da frutto, come per esempio dei  fichi, con cui fanno marmellate. Lavorare coi bambini, anche solo raccogliere i frutti e fare la marmellata: è una sensazione meravigliosa! 

Quanto la pandemia ha influito sul riavvicinamento alla natura?

Dietro questo disastro c’è una grande opportunità, quella di rivedere la natura come generatrice e secondo me tutti siamo stati di più all’aria aperta, vuoi in un parco, vuoi in terrazzo, e ci siamo presi cura direttamente delle nostre piante e abbiamo ripreso consapevolezza della soddisfazione nel vederle fiorire e fare i frutti.