Erbari una preziosa risorsa

Erbari una preziosa risorsa

Questo articolo fa parte del numero 4 di Web Garden: Natura Urbana

Dall’edilizia ecosostenibile, alla creazione di orti urbani, i grandi e piccoli sforzi volti riportare la vita e l’equilibrio naturale nelle città che abitiamo.


Gli erbari come preziose risorse per la nostra società.

Proviamo a sostenere questa tesi raccontandovi del secondo erbario più grande al mondo, ovvero quello ospitato dal Giardino Botanico di NY City : l’erbario William and Lynda Steere ospita 7,8 milioni di esemplari di piante e funghi, che rappresentano la biodiversità di ogni continente. 

Ma cos’è effettivamente un erbario e perché è importante?

Possiamo dire che si tratta di una raccolta di piante secche, pressate e fermate su fogli di carta bianca. È il più semplice metodo di conservazione delle piante allo stato secco e permette quindi la conservazione indefinita delle forme e delle strutture, anche se deformate dalla compressione; il più semplice metodo di conservazione delle piante.

Ciò che la nostra vista cattura nella stanza di un erbario, come quelle del Giardino Botanico di New York è la sensazione di attraversare una sorta di biblioteca botanica in cui osservare esemplari che vengono selezionati per le ricerche contemporanee ma anche afferenti al contesto storico e alle stranezze di questo particolare mondo. Come ad esempio il fiore cadavere o aro titano, di cui possiamo osservare la voluminosa fioritura viola appiattita sul foglio di carta ma che ci rimanda alla sua storia “in vita”: un esemplare che può pesare diciotto chili, essere alto un metro e mezzo e odora di carne in decomposizione.

Ecco perché l’orrido nome.

Incredibile scoprire come le tecniche di conservazione e catalogazione siano le medesime da secoli. Ogni foglio campione, risalente al 1700, è organizzato con l’esemplare pressato ed essiccato, note dettagliate su dove e quando è stato trovato, il suo ambiente e una descrizione del suo colore prima che sbiadisca. 

Le modalità seguite, così rigide e precise, hanno inoltre permesso di attuare un immenso lavoro di digitalizzazione in maniera rapida e sistemica: una volta inserito nell’archivio digitale, l’esemplare viene riposto negli armadi dell’erbario climatizzati.

Le immagini ad alta risoluzione risultanti sono accessibili agli scienziati e al pubblico attraverso l’erbario online. “NYBG è stato un leader nella digitalizzazione dei suoi esemplari di piante“, dice il Dott. Matthew Pace, assistente curatore presso l’erbario. “Lo scopo è quello di rendere i nostri esemplari il più ampiamente conosciuti possibile.” 

Fondamentale è il lavoro svolto nella sala di montaggio, prima tappa del processo, per cui gli esemplari vengono “staccati” da giornali stampati, proveniente da quasi tutto il mondo e disponibili in quasi tutte le lingue. Il delicato processo di posa della pianta o del fiore “è qualcosa che combina conoscenza scientifica e abilità artistica”, sostiene sempre il Dott. Pace. 

Ecco che arte e natura si intrecciano con la protezione e la sopravvivenza di tutte queste specie. Ecco perché gli erbari possono rappresentare oggi una risorsa preziosa: grazie al meticoloso lavoro che viene svolto in questi centri specializzati e coi dati che ci vengono messi a disposizione possiamo effettuare studi sui cambiamenti climatici, sulle modalità di conservazione di specie anche molto rare o invasive per la natura, addirittura per la medicina.

Intervista a Gianluca Quaglia

Intervista a Gianluca Quaglia

Questo articolo fa parte del numero 4 di Web Garden: Natura Urbana

Dall’edilizia ecosostenibile, alla creazione di orti urbani, i grandi e piccoli sforzi volti riportare la vita e l’equilibrio naturale nelle città che abitiamo.


Il rapporto uomo – natura è un tema molto dibattuto, anche in ambito artistico, e ciò che mi interessa sondare è un’esperienza visiva che trae origine da riflessioni di interazioni e comportamenti del mondo naturale con quello umano.

WebGarden: In tutte le tue opere compaiono elementi dal mondo Res Naturae e i tuoi lavori nascono dalla curiosità di stabilire una relazione tra natura e cultura: che cosa ti ha spinto verso questa indagine? Come si è evoluta nel corso degli anni?

Il rapporto uomo – natura è un tema molto dibattuto, anche in ambito artistico, e ciò che mi interessa sondare è un’esperienza visiva che trae origine da riflessioni di interazioni e comportamenti del mondo naturale con quello umano.

L’obiettivo non è raccogliere informazioni, bensì fornire un nuovo punto di vista, una diversa modalità di fruizione di un rapporto tanto antico quanto da riequilibrare. Il mio approccio iniziale è sempre affidato all’osservazione di immagini ricavate da libri, manuali, volumi antichi, tavole botaniche o carte decorative, cercando di connettere elementi tra loro per proporre un nuovo e diverso equilibrio formale. In un pianeta in cui la tecnologia corre veloce io sono sempre più interessato a un andamento lento, alla low-tech.

A mio parere è molto più radicale scegliere di coltivare un pezzo di terra piuttosto che immaginare futuri digitali o passeggiate virtuali.

WebGarden: Parte della tua ricerca si basa su una sorta di dissezione di un elemento per traslarlo nello stesso contesto. Hai una pazienza e una precisione infinite: a cosa pensi quando intagli le figure o modelli la ceramica? L’idea di svuotamento e isolamento per ricomporre un nuovo ambiente che significato ha?

Gli aspetti della precisione e della pazienza è pur vero che sono quelli che immediatamente balzano all’occhio dello spettatore e destano curiosità, in realtà sono i meno intriganti del mio lavoro, in quanto alla radice c’è una scelta che è quella di indagare l’infinitamente piccolo in relazione al suo opposto.

Sono un convinto sostenitore di tutte le mono manie e questa è la mia! Colleziono e acquisto libri e tavole scientifiche ogni qual volta mi capita di trovare immagini di mio interesse.

Ciò che è rilevante in questo scambio, imprevedibile e dinamico, non è lo strumento che utilizzo e le sue modalità d’impiego, bensì il risultato che cerco di ottenere. Mi soffermo sulle caratteristiche intrinseche delle immagini, analizzando contenuto, composizione, coerenza, per comprendere appieno quali possono essere le loro capacità di generare nuove forme. Ciò che mi interessa in maniera prioritaria, infatti, è la capacità che possiedono le immagini del mondo naturale di aprirsi a nuovi significati e di stimolare l’immaginazione di chi osserva.

Non ho voluto utilizzare i reperti storici per il mio lavoro, ma ho avuto comunque un proficuo scambio con chi se ne occupa

WebGarden: Come scegli le tavole che poi utilizzerai nei tuoi lavori? E dove le trovi? Che significato ha per te il riutilizzo di tavole ed erbari storici?

Sono un convinto sostenitore di tutte le mono manie e questa è la mia! Colleziono e acquisto libri e tavole scientifiche ogni qual volta mi capita di trovare immagini di mio interesse. Gli strumenti di ricerca che utilizzo per l’acquisto sono i più disparati, dai siti web dedicati ai mercati e negozi di antiquariato.

Al momento sono concentrato sui pollai: polli, galli e galline e sulle loro “case”. È un argomento molto interessante e allo stesso tempo molto battuto, chissà se ci farò qualcosa, vedremo…

Per quanto riguarda gli erbari storici, nel 2017, durante la residenza C.A.R.S. di Omegna, ho avuto la possibilità di lavorare all’interno dell’archivio del Collegio Rosmini di Domodossola.

È stata la mia prima esperienza a contatto diretto con un importante archivio che conserva reperti storici, rari e preziosi. È stato un momento di ricerca e scambio con i naturalisti che gestiscono l’archivio e ho avuto modo di vedere come trattano questa materia di studio e con quale cura e rispetto si occupano di ogni pianta.

Non ho voluto utilizzare i reperti storici per il mio lavoro, probabilmente sarebbe stato complicato averli in prestito, ma ho avuto comunque un proficuo scambio con chi se ne occupa ed è nata una collaborazione che si tradurrà in un’opera che sarà esposta nella mostra Cartografia sensibile a cura di Lorenza Boisi a Palazzo Tornielli ad Ameno (NO) a settembre 2021. 

WebGarden: Web Garden oggi si occupa di arte e natura, ma è nato dall’esigenza di visitare luoghi nascosti come i giardini meravigliosi non sempre accessibili al pubblico. Che rapporto hai con i giardini?

Il mio rapporto con i giardini è di assoluta ammirazione, conosco la teoria, ho studiato su libri che mi hanno permesso di entrare in questo vasto argomento affascinante. Ho approfondito i saggi di Gilles Clément, Michael Jakob, Michael Pollan, Wendel Berry e François Jullien. Diciamo dunque che conosco la teoria e meno la pratica del giardino. 

Nel mio lavoro ho scelto il giardino perché penso sia un perfetto esempio di collaborazione tra uomo e natura. Nel giardino risiedono la bellezza, l’armonia ma anche la filosofia e l’energia della natura. Se ci si dedica con cura al giardino, o anche all’orto, ci si può sentire all’interno del ciclo naturale ed è sorprendente. Il giardino è un argomento con secoli di tradizione e con grandi differenze tra occidente e oriente. È un tema meraviglioso e da scoprire.

WebGarden: I tuoi progetti sono molto spesso site-specific. Come consideri l’interazione tra ambiente e pubblico?

Nei miei ultimi progetti mi sono concentrato molto sulla relazione tra pubblico e opera, scegliendo di allestire i miei lavori in maniera tale da richiedere l’interazione con chi entra in contatto. È possibile trovare un mio lavoro posizionato molto basso che per osservarlo è necessario sedersi, altre volte invece si può trovare molto alto ed è necessaria una scaletta per guardarlo. Il punto di osservazione è fondamentale e cambia l’essenza dell’immagine. 

Ciò che mi interessa è provare a mettere in discussione le abitudini e i modi con cui normalmente ci relazioniamo con le immagini e gli ambienti naturali.

WebGarden: Sono molto incuriosita dalla serie “Possiamo sempre parlare del tempo”: ci vuoi spiegare come è nata l’idea e come realizzi queste microsculture?

L’opera è composta da piccole sculture realizzate con vari insetti morti tra cui mosche, api, vespe e farfalle. Tutti gli insetti sono stati trovati casualmente, per strada in diverse città d’Italia e d’Europa, in luoghi di montagna, in campagna e in abitazioni private. Con questi insetti sono state prodotte microfusioni in bronzo e argento.

È un lavoro che parte da un esercizio: osservare costantemente e con attenzione i luoghi in cui passo e in cui mi fermo, un allenamento utile a imparare a cogliere i piccoli dettagli, le piccole cose che accadono intorno a me, di cui non sempre mi accorgo, come ad esempio una mosca che cade a terra. Il titolo “possiamo sempre parlare del tempo” enfatizza la messa in discussione di ciò che consideriamo importante e degno della nostra attenzione.

WebGarden: Ci racconti i prossimi progetti?  Come quello che stai per inaugurare a Domodossola, per esempio…

Ho avuto la fortuna di poter contribuire alla riapertura dei Musei Civici Gian Giacomo Galletti di Domodossola in Palazzo San Francesco, che dopo 40 anni di chiusura riapriranno le porte al pubblico il 18 giugno 2021. Nell’ultimo anno ho lavorato con il progettista, l’architetto Paolo Carlo Rancati e con il direttore dei musei Antonio D’Amico per realizzare un lavoro di riequilibrio tra contenuto e contenitore, tra lo spazio museale e le collezioni, in particolare all’interno del Museo di scienze naturali. Si tratta di oltre 600 m² espositivi in cui sono presenti, tra le altre, preziose collezioni di tassidermia, geologia, malacologia e botanica.

Ho realizzato una serie di interventi permanenti in stretto dialogo con i reperti esposti, scegliendo di raccontare la circolarità̀ e la ciclicità̀ della vita naturale, rappresentando con varie tecniche il più elementare dei cicli, ovvero, il passaggio dal giorno alla notte. 

Un altro progetto a cui tengo molto è il workshop a distanza dal titolo Nature, nato in collaborazione con un centro diurno di Milano che si occupa di disabilità dell’adulto.

Anche in questo caso il tema del laboratorio è il rapporto tra l’uomo e la natura e l’interazione con il pubblico che è invitato a entrare sul sito web www.ideacopernico.it e seguire le istruzioni per partecipare. Navigando è possibile trovare video di presentazione, testi e istruzioni scaricabili, che invitano ad osservare la natura intorno a noi, come ad esempio le piante sui balconi, i fiori in giardino, gli alberi di un piccolo parco o anche la frutta che abbiamo in frigorifero. Una proposta didattica che invita a osservare i dettagli e a prendersi cura della natura che ci è più vicina. 

BeeFlower per WebGarden

BeeFlower per WebGarden

Questo articolo fa parte del numero 4 di Web Garden: Natura Urbana

Dall’edilizia ecosostenibile, alla creazione di orti urbani, i grandi e piccoli sforzi volti riportare la vita e l’equilibrio naturale nelle città che abitiamo.


BeeFlower è un mercato innovativo per la valorizzazione dei temi ambientali, in linea con la strategia delle biodiversità 2030, che racconta di una produzione di miele, fiori, piante e cibo legati all’impollinazione e connesso con il territorio.

Gli SDGs, ovvero i Sustainable Development Goals, i diciassette obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile che l’ONU ha delineato nell’Agenda 2030 ( a cui si fa riferimento poco sopra) ci vengono in aiuto: è nel quindicesimo obiettivo, quello denominato “La vita sulla Terra”, volto a proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre che troviamo indicazioni sulla biodiversità. Che venga integrata nei processi di sviluppo e nella riduzione della povertà, che venga preservata e impiegata in maniera etica e sostenibile.

L’organizzazione del mercato BeeFlower, attraverso la presenza di stand di produttori e istituzioni si inserisce così perfettamente negli SDGs grazie all’obiettivo con cui nasce: divulgare, educare, promuovere le biodiversità attraverso la comprensione del legame che sussiste tra insetti impollinatori e il cibo che arriva quotidianamente sulle nostre tavole.

In questo modo è possibile rendere note e riconoscibili l’importanza del lavoro delle imprese locali e familiari, il rispetto del benessere animale e del territorio, il presidio e la tutela delle aree naturali e rurali, quanto quelle urbane e periurbane.

Capire la relazione fra impollinatori e cibo è importante così è possibile capre l’importanza delle imprese locali, il rispetto del benessere di flora e fauna, il presidio sulle aree rurali.

L’organizzazione del mercato BeeFlower, attraverso la presenza di stand di produttori e istituzioni si inserisce così perfettamente negli SDGs grazie all’obiettivo con cui nasce: divulgare, educare, promuovere le biodiversità attraverso la comprensione del legame che sussiste tra insetti impollinatori e il cibo che arriva quotidianamente sulle nostre tavole.

E perché noi di Web-Garden riteniamo significativo raccontarvi di un progetto come questo?

Perché come dice la nostra Fondatrice Anna Chiusano in relazione al progetto del magazine per cui questo articolo è pensato “[…] Vorrei proporre mensilmente degli spunti di riflessione e degli approfondimenti sia naturalistici che artistici con un respiro aperto al mondo.”

Leggere, riflettere, approfondire sono le azioni che speriamo di stimolare attraverso il nostro lavoro e in particolare su progetti di senso come questo. Perché partecipare attivamente alla vita delle nostre società significa anche questo: costruire nuove consapevolezze come quella per cui responsabilizzarsi verso le politiche ambientali sostenibili nonché la scelta di acquistare prodotti che arrivano da processi di lavorazione rispettosi dell’ambiente e della dignità del lavoro agricolo va al di là della mera realizzazione di un esercizio commerciale. Significa piuttosto sostenere la produzione di strumenti per l’educazione, la promozione e la difesa delle biodiversità.

BeeFlower, nato dall’unione progettuale del format Giardino Forbito e della Comunità Slow Food degli Impollinatori Metropolitani, si propone perciò quale riflessione e soluzione di bilanciamento rispetto alle criticità dell’attuale situazione ambientale, con un carattere culturale, innovativo e strategico in linea e compatibile con l’idea del Nuovo Bauhaus in atto.

Edilizia ecosostenibile e orti verticali

Edilizia ecosostenibile e orti verticali

Questo articolo fa parte del numero 4 di Web Garden, giugno: Natura Urbana

Dall’edilizia ecosostenibile, alla creazione di orti urbani, i grandi e piccoli sforzi volti riportare la vita e l’equilibrio naturale nelle città che abitiamo.


Recuperare spazi verdi all’interno del tessuto urbano non solo è ormai da anni un imperativo per quanto concerne l’aspetto climatico e ambientale, ma è anche divenuto uno strumento per porre nuovamente al centro della progettazione la qualità di vita dei cittadini, il loro benessere psico-fisico e per rispondere alla sempre più sentita necessità di riscoprire un senso di comunità e partecipazione di vita collettiva. 

I benefici ambientali di questo trend sono ormai indiscussi: uno studio condotto negli Stati Uniti ha stimato a cento milioni di dollari il risparmio energetico annuo ricavabile nella trasformazione a verde dei tetti della sola città di Chicago.

Dai grandi studi architettonici internazionali alle piccole realtà di quartiere, la tendenza diffusa è quella di sfruttare qualsiasi superficie disponibile per riportare quel verde di cui tradizionalmente la città ci priva.

In Italia, il Ministero dell’Ambiente prevede cospicui sgravi fiscali per chi sceglie il verde pensile: tetti verdi ed orti verticali filtrano l’inquinamento urbano, isolano acusticamente, riducono l’anidride carbonica, svolgono una funzione di regolazione delle acque piovane – fondamentale oggi particolarmente nel nostro Paese, che a causa dell’intensa cementificazione risente della scarsità di terreno che dreni le piogge – raffredda l’aria grazie all’evaporazione del vapore acqueo svolgendo quindi un’attività climatizzante, favorisce la diversità microbiologica e l’insediamento di ecosistemi animali oltre a contribuire significativamente all’estetica cittadina.

Sono molteplici gli studi di chiara fama che sempre più si cimentano in ambiziosi progetti che coniugano l’aspetto ecologico e quello estetico, sublimando così in ogni senso la funzionalità ed il piacere di un’immersione nella Natura. Pensiamo per esempio all’ormai celebre Bosco Verticale dello studio Boeri di Milano: ispirato a questo progetto, lo studio ha recentemente presentato quella che sarà la prima città-foresta nel mondo, la Liuzhou Forrest City in Cina, che potrà vantare la presenza di quaranta mila alberi e quasi un milione di piante, un vero e proprio polmone verde.

A Parigi, il prestigioso studio giapponese di Kengo Kuma sta edificando un hotel di lusso, il 1 Hotel, che oltre ad essere ricoperto da una ricchissima vegetazione, si avvale dell’impiego di materiali “bio” come il vetro ed il legno. L’architetto britannico Thomas Heatherwick ha presentato a Moganshan Shanghai, in Cina, il 1000 Trees: un progetto che sorge in un quartiere dedicato all’arte e che ha la particolarità di sviluppare l’edificio come se fosse un paesaggio, infondendogli una forma che rimanda a quella di due montagne. Sulla stessa linea anche la California Academy of Science del nostro Renzo Piano.

Questo istituto di ricerca e museo di scienza e storia naturale si trova all’interno del Golden Gate Park di San Francisco: è stato realizzato secondo criteri di sostenibilità, con l’uso di materiali riciclabili e l’impiego di fonti rinnovabili. Il tetto verde che lo ricopre ha l’aspetto di sinuose colline, proprio per integrarsi armonicamente nel paesaggio circostante.

In questa corsa alla riscoperta della Natura urbana, un aspetto che però non va assolutamente trascurato è quello delle piccole realtà locali, che all’ombra dei famigerati studi internazionali operano direttamente sul tessuto cittadino, spesso disagiato e con forte bisogno di riqualificazione, facendo leva sull’ascolto e sulla partecipazione della comunità direttamente interessata, che così diventa essa stessa la prima artefice del suo proprio benessere.

Bellissimo è per esempio l’orto sui tetti delle Fonderie Ozanam a Torino, ideato dalle architette Emanuela Saporito ed Elena Carmagnani, fondatrici dell’associazione OrtiAlti, volta al reimpiego di aree dismesse attraverso la realizzazione di orti di comunità. Ex edificio abbandonato nella periferia nord del capoluogo piemontese, le Fonderie Ozanam sono diventate un punto di riferimento sociale nel quartiere.

L’orto è stato realizzato con la partecipazione del servizio Sert dell’ASL Torino 2, avvalendosi dell’aiuto di ex tossicodipendenti che hanno potuto così sperimentare i benefici dell’ortoterapia, ed oggi è uno spazio di formazione professionale di ortocultura e apicultura urbana. Grazie a questa iniziativa si è potuto formare ragazzi chiedenti asilo politico, uno dei quali è recentemente divenuto apicultore ufficiale delle Fonderie.

Gli ortaggi coltivati sul tetto sono poi impiegati nelle cucine del ristorante sottostante, gestito da una cooperativa sociale che si occupa di inserire nel mondo del lavoro ragazzi con diverse disabilità. Uno splendido esempio di riqualifica urbana e di coinvolgimento della comunità, dove al beneficio materiale si associa quello spirituale di riconnessione, attraverso la Natura, alla nostra umanità condivisa.