Questo articolo fa parte del numero 1 di Web Garden, marzo: la Rinascita.
Marzo è il mese di rinascita, un miracolo che si ripete ogni anno, del cui spettacolo possiamo godere tutti: un nuovo ciclo che si apre dinnanzi a noi.
Arte e natura sono le due parole chiave che costituiscono il progetto Web Garden. Un progetto appassionato, ambizioso, poetico che tra le varie intenzioni, si pone anche quelle di provare ad indagare come arte e natura convivano in altre parti del mondo.
E allora perché non condividere l’incredibile esperienza di Azuma Makoto?
Azuma Makoto (1976, Fukuoka) è un artista giapponese che “lavorando i fiori” realizza sculture botaniche a cui fa fare spesso dei viaggi incredibili: le spedisce nello spazio o le spinge sul fondo dell’oceano. Un processo di lavorazione dei fiori, un percorso artistico quello di Makoto, che vale davvero la pena di approfondire.
Nel suo laboratorio di Tokyo, l’artista si interroga su quale possa essere una vera e profonda connessione emotiva tra i fiori e le persone, visto che per provare una bella sensazione basta uscire ed immergersi nella natura. Allora perché proprio i fiori? Perché sculture di fiori? Perché foto di queste opere dovrebbero suscitare l’interesse delle persone e magari far anche provare loro delle emozioni?
It’s like chasing the game of life è come inseguire il gioco della vita ci dice Makoto. Perché come gli esseri umani, anche i fiori attraversano le fasi evolutive, se pur in maniera molto più rapida: la fioritura in adolescenza e giovinezza, la freschezza dei vent’anni, la bellezza dei trenta. Così come l’appassire dell’invecchiamento e il mistero della morte.
“Un giorno anche noi potremo morire, diventare polvere e tornare alla natura”, sostiene Makoto. Ed è in questo concetto che si fonda il senso profondo del suo processo artistico per cui il pensiero si concentra spesso sulla nascita e la morte dei fiori e su cosa accadrebbe se i fiori si trovassero in luoghi dove non nascono naturalmente.
Da qui la folle ma incredibile idea del lancio dei fiori nello spazio nel 2014: un fermo immagine che toglie il fiato. E qualche anno dopo, nel 2017, il secondo esperimento: quello di immergere i fiori nelle profondità dell’oceano. Testarne resistenza e capacità adattive, producendo visioni uniche al mondo.
Nel 2011, in seguito al drammatico terremoto che devasta Fukushima e che scuote indelebilmente il Giappone, l’artista si sente invaso dal dolore e dalla tristezza che segnano la sua terra e la sua gente. E come molti artisti, nei momenti in cui si presentano crisi profonde, decide di mettere i fiori, la sua arte al servizio del benessere collettivo portando fiori alle scuole, innestando nuove piante nei luoghi devastati dal terremoto: la forza della natura, che rinasce dove tutto è stato ucciso, diventa una spinta al coraggio, alla ripresa, al ritorno alla vita.
Ecco perché abbiamo scelto di raccontarvi questa storia, ecco perché arte e natura sono ciò a cui vogliamo dedicarci in questo difficile frangente storico. Ecco perché vi consigliamo di guardare Flower PunK, il breve documentario realizzato dalla filmaker americana Alison Klayman per il New Yorker che vi travolgerà e speriamo, toglierà il fiato com’è stato per noi. Offrendovi però la voglia di tornare a respirare, nella natura, con la natura.
Questo articolo fa parte del numero 1 di Web Garden, marzo: la Rinascita.
Marzo è il mese di rinascita, un miracolo che si ripete ogni anno, del cui spettacolo possiamo godere tutti: un nuovo ciclo che si apre dinnanzi a noi.
“Da sempre il concetto che mi ha attratto di una scultura è la sua contestualizzazione all’interno di un ambiente in termini di luogo, naturale o architettonico.”
Riccardo Cordero, classe 1942, è un artista che si è sempre distinto per il suo personalissimo rapporto con la scultura e l’ambiente che la ospita. Dal padre intagliatore di legno ha imparato la passione per il disegno, la disciplina e la tridimensionalità della materia.
Web Garden: Che rapporto hanno le tue sculture con l’ambiente circostante?
Non sempre funziona nello stesso modo, molto dipende dal luogo. Uso due sistemi di progettazione diversi. Nel primo, come nel caso di mostre collettive in giardini o parchi come la triennale di Bad Ragaz in Svizzera, la scultura nasce idealmente senza una contestualizzazione precisa di quel luogo, perché la scultura rimane lì per un tempo ridotto e non è studiata e realizzata per quel luogo.
Nel secondo caso, come in Cina per un parco artistico, spesso sono stato invitato a progettare una scultura contestualizzata in un posto e a scegliere il luogo esatto dove posizionarla. Qui l’opera nasce esattamente per quell’ambiente e con esso si trova in stretta relazione.
La mia non è la scultura-monumento attorno a cui si arriva e dove si gira per guardarla tutta intorno, ma la mia scultura è praticabile, dentro la gente entra fisicamente e può vedere gli spazi prospettici e punti di vista non abituali: la mente umana inconsciamente completa le figure rimaste volutamente incomplete.
Web Garden: L’idea della scultura di viverla non girandoci intorno è frutto di un un percorso o sei già partito con questa concezione?
Uno dei primi esempi di mia scultura fatta così risale agli anni ’70, quando partecipavo a concorsi per la legge del 2% che prevedeva opere d’arte all’interno di complessi pubblici. Molti concorsi venivano fatti per i giardini delle scuole, elementari e medie, e un paio di interventi che ho vinto consistevano in sculture composte da vari oggetti situati all’interno di parchi dentro cui i bambini entravano e giocavano. Erano quasi dei parchi giochi, pur essendo delle opere d’arte.
A me interessava poco il concetto di monumento, mi attraeva piuttosto il concetto che lo spettatore venisse coinvolto.
Le mie sculture sono composte da elementi geometrici, sganciati tra loro, smontati, riassemblati in modo un po’ imprevedibile. Logicamente questo comporta una partecipazione in chi osserva, anche involontaria. Nel senso che la mente umana inconsciamente completa le figure rimaste volutamente incomplete. Se questo gioco lo moltiplico per tante volte all’interno di un unico elemento che è la scultura, questo comporta ancora un’altra partecipazione da parte dello spettatore. Se ingrandisco il gioco ancora di più fino a farlo diventare di svariati metri, allora proprio anche fisicamente si può entrare al suo interno e lo spettatore diventa parte integrante di un’opera che appare sempre diversa per ogni visitatore.
Web Garden: Come nascono le tue sculture? Come funziona il tuo processo creativo?
Il mio processo progettuale è assolutamente tradizionale. Parto sempre dai bozzetti grafici.
Prima appunto l’idea su carta attraverso matita e biro o qualunque altro strumento. Poi la sviluppo e la articolo modellando e assemblando vari elementi tridimensionali e alla fine verifico l’idea da diversi punti di vista, finché non trovo quella che più mi convince. Infine la sviluppo in grande.
Siccome è un lavoro che faccio in scala, non tutto si può moltiplicare per un certo numero di volte, per cui devo valutare di caso in caso fino a che dimensione può raggiungere la scultura. La mia, dove non c’è la committenza, è una progettazione libera.
Che materiali usi? Come gli scegli?
Uso solo metalli. Non mi ritengo scultore in senso pieno, io assemblo, io smonto, io rimonto.
Il metallo è la base delle mie sculture e si può articolare in modo diverso a seconda del luogo e delle esigenze. Posso usare acciaio inox lucido o satinato, bronzo o acciaio corten, a seconda del contesto e della committenza, a seconda degli aspetti tecnici ed economici. Per esempio un ambiente naturale molto verde mi permette di utilizzare l’acciaio corten, che ha una colorazione tipo ruggine, molto calda. Altre volte uso l’acciaio inox perché mi permette un contrasto molto secco e molto forte.
Questo articolo fa parte del numero 1 di Web Garden, marzo: la Rinascita.
Marzo è il mese di rinascita, un miracolo che si ripete ogni anno, del cui spettacolo possiamo godere tutti: un nuovo ciclo che si apre dinnanzi a noi.
Dopo l’apparente morte invernale, dove tutto sembra essersi fermato, ogni primavera tornano le gemme e le nuove fioriture che si riaffacciano alla vita. La certezza che la linfa continui nonostante tutto a scorrere sotto le spoglie e che questo ciclo di depressione e rinascita si ripeta con assoluta costanza, infonde serenità e fiducia: sentimenti ai quali abbiamo bisogno di aggrapparci oggi come non mai.
Il fiore di mandorlo è fra i primi a sbocciare, talvolta ancora nel tardo inverno ed è per questo che da millenni la sua fioritura è emblema di speranza e rinascita. È così che ogni anno, nei primi giorni di marzo, nella Valle dei Templi di Agrigento, si celebra l’arrivo della nuova stagione con la contemplazione dell’incredibile e poetico spettacolo della distesa di mandorli fioriti.
A questo scopo è organizzata una kermesse che richiama una grande partecipazione folkloristica, che nel tempo ha assunto una simbologia culturale ancora più profonda, di pace e fratellanza, che culmina con l’accensione della “fiaccola dell’amicizia” davanti al Tempio della Concordia.
Nella Bibbia, per il profeta Geremia il mandorlo, con la fioritura così precoce, è simbolo di rinascita. Ma l’origine della pianta dai dolci petali bianchi e rosa è anche legata ad una delle più struggenti storie d’amore della mitologia greca. Trasmessa da varie fonti, fra cui Ovidio ed Omero, la leggenda narra dell’infelice legame fra la bella principessa di Tracia Fillide ed il valoroso guerriero greco Acamante, figlio di Fedra e Teseo.
In viaggio verso Troia, dove avrebbe dovuto combattere con l’esercito acheo, Acamante si fermò qualche giorno in Tracia e subito nacque un amore tenero ed appassionato con la principessa. Il loro tempo insieme fu però di breve durata, poiché ben presto il guerriero fu costretto a ripartire verso Troia, dove rimase a combattere per dieci anni, promettendo di tornare dalla sua Fillide. Tuttavia, quando la guerra si concluse e gli altri guerrieri rientrarono in patria, Fillide attese invano il ritorno del suo eroe, e così si lasciò morire di dolore. La dea Atena, commossa da tanta devozione, mutò il corpo esanime della fanciulla in un magnifico mandorlo.
Ma Acamante non era morto: rientrato in Tracia per rispettare la sua promessa, si volle recare ai piedi dell’albero che fu la sua amata e lo abbracciò. In quel momento avvenne il miracolo: l’albero spoglio, nutrito dal suo dolore e dalle sue lacrime, si rivestí di piccoli fiori bianchi striati di viola: era il segno che Fillide continuava a ricambiare il suo amore. Ancora oggi è possibile assistere all’abbraccio degli sfortunati amanti, che con tenacia continuano a legarsi dopo ogni inverno e a riportare la vita con la nuova fioritura.
Le origini del Prunus dulcis, questa la sua definizione linneana, sono antichissime: se ne hanno tracce in Asia Minore già nell’età del Bronzo, ma raggiunse le nostre terre grazie ai Fenici, che lo diffusero in tutto il bacino del Mediterraneo. Le prime importazioni avvennero proprio in Sicilia, dove poi attraverso le tratte commerciali si radicò in tutta la Magna Grecia per il suo utilizzo principalmente gastronomico, divenendo un ingrediente di uso comune nelle cucine locali: fra i suoi impieghi più particolari vi è quello di aromatizzare il vino con il profumo del suo frutto.
Rappresentato innumerevoli volte nell’arte per la forte valenza simbolica e mistica sia del frutto che dell’albero, in questa sede ci piace ricordare l’opera di Vincent Van Gogh, intitolata “Ramo di mandorlo in fiore”, che l’artista dipinse a Saint Remy de Provence prima di morire, proprio per celebrare la nascita di suo nipote Vincent Willem, figlio dell’amato fratello Theo, e che oggi si può ammirare al Van Gogh Museum di Amsterdam.
Tale è l’emozione che si trae dall’osservazione della vita che rinasce attraverso la fioritura, che i giapponesi hanno coniato il termine “hanami”: letteralmente “godere della bellezza della fioritura primaverile degli alberi”. In Giappone ciò avviene con la celebre fioritura dei sakura, gli alberi di ciliegio che in aprile si tingono di rosa e che richiamano turisti da tutto il mondo. Come quella dei mandorli, la fioritura dei sakura è imponente e breve: secondo la filosofia orientale questo porta a meditare sulla forza della bellezza, ma anche sulla caducità dell’esistenza.
La speranza che infonde la Natura è però proprio questa: per ogni fiore che nasce e sfiorisce, un nuovo fiore tornerà a riportare la vita.
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