Questo articolo fa parte del numero 10 di Web Garden: Creare e Conservare
Per concludere con il vecchio ed aprirsi al nuovo che avanza, il Magazine è dedicato alla costante tensione fra il creare ed il conservare in arte e in natura.
Fabio Viale: uno dei più grandi scultori italiani contemporanei le cui opere sono esposte fino al 09 gennaio 2022 ai Musei Reali. Viene definito come un illusionista della materia a cui piace confondere le idee delle persone che si avvicinano ad ammirare le sue prodigiose opere, le quali il più delle volte non hanno idea di quale materiale siano fatte. Un artista a cui piace andare oltre ai preconcetti e stupire con le sue creazioni l’immaginazione dello spettatore.
Questo è Fabio Vìale che riesce con il suo ingegno a fare vivere le sue opere trasferendo in esse una forza e una energia che le rende uniche.
Web Garden vi invita ad approfittare dell’occasione unica di potere visitare le sue opere esposte presso i Musei Reali di Torino nella mostra IN BETWEEN curata da Filippo Masino e Roberto Mastroianni fino al 9 gennaio 2022.
Web Garden: Chi è oggi Fabio Viale?
Fabio Viale: Quello che fa le ‘statue coi tatuaggi’.
Che materiali preferisci usare?
Il marmo.
A Palazzo Reale possiamo vedere tanti esempi diversi delle tue opere, una Pietà rivisitata, una Lorica marmorea e frammenti, quasi scarti di lavorazione di statue classiche tatuate, come nasce un’opera di Fabio Viale?
Inizio nel momento in cui vedo formarsi un’immagine nella mia testa. Utilizzo la tecnologia che ho a disposizione per riuscire a materializzare anche solo virtualmente la forma. Poi vado a Carrara a scegliere il marmo. Da quel momento, inizia la fase più faticosa che si interrompe a lavoro concluso. La capacità di creare un’opera capace di andare oltre i preconcetti questo è uno degli elementi distintivi del mio lavoro.
La natura insieme all’immaginario culturale sono i miei riferimenti nella produzione artistica, per me conservare e creare significa scolpire il marmo. Mi piace fare in modo che all’interno di una scultura convivano degli opposti. Da questo rapporto si genera energia e l’opera si carica di contenuti. Lo spettatore percependolo, ne viene attratto.
Il tema di questo numero di WebGarden è “Conservare e Creare”, le tuo opere, soprattutto quelle in mostra qua a Torino, riprendono gli stili e le forme delle opere classiche innovandole in chiave contemporanea, ci puoi spiegare la filosofia di questa mostra?
Le immagini che ci arrivano dal passato non appartengono a semplici sculture: sono delle icone, sono simboli, che hanno saputo resistere al tempo. Non credo che si tratti di una questione di estetica o di contenuti, quanto piuttosto di sopravvivenza nel corso delle epoche storiche. Sono sempre stato attratto da misteri, come la Gioconda o la Pietà, e il loro studio mi ha portato, nel corso della loro riproduzione, a comprendere in modo più analitico la personalità dell’artista che queste opere le ha generate…
Io provo a mettere insieme la nostra cultura collettiva con le forme e le immagini che ci arrivano dal passato, dalla tradizione, La scultura antica è storia di copie che ogni artista re-interpretava, attraverso il proprio sguardo e con i linguaggi e il contenuto del proprio tempo. Per me, relazionarmi con la storia dell’arte e con il mondo significa mettermi in relazione con le forme del passato e con la personalità degli artisti che mi hanno preceduto.
Io, insomma, lavoro sulle forme sulle opere che ci consegna la tradizione e la storia dell’arte: lavoro sul canone della scultura classica e neoclassica e sulle forme della realtà e del nostro immaginario. Il mio lavoro è una grande ri-articolazione dell’immaginario collettivo e individuale delle forme in cui lo ha messo la storia delle immagini e del pensiero e della cultura. Io provo a rendere vivo il nostro immaginario attraverso i linguaggi del contemporaneo.
La tua poetica sembra incentrata sull’essere umano, riesci ad interpretare la Natura con Le tue opere?
Sono sempre stato affascinato dalla materia e della sua origine. Il marmo per esempio, è la sedimentazione sul fondo del mare di centinaia di migliaia di tonnellate di conchiglie che per processi metamorfici si sono cristallizzati e sono divenuti marmo. L’opera Ahgalla è una barca di marmo che realizzai circa vent’anni fa che riporta all’origine il materiale facendolo nuovamente galleggiare. È stata per me una grande emozione portare quest’ anno questa scultura in un lago ricavato dentro una cava di marmo in Toscana. Questo genere di opera credo che riesca, a livello concettuale, a chiudere un cerchio con la natura che spesso invece l’uomo apre e distrugge.
E poi, c’è il rapporto mimetico con la natura e con la realtà che io tento di restituire, e che ho provato a restituire soprattutto in passato, con un lavoro sul verosimile e sulla mimesi che si fa imitazione dei materiali attraverso la verosimiglianza che il marmo assume nella lavorazione. Per me il rapporto con la natura è un rapporto di sperimentazione che usa il marmo come materia per realizzare opere che imitano materiali naturali come il legno o materiali artificiali come la plastica o il polistirolo.
Questo articolo fa parte del numero 10 di Web Garden: Creare e Conservare
Per concludere con il vecchio ed aprirsi al nuovo che avanza, il Magazine è dedicato alla costante tensione fra il creare ed il conservare in arte e in natura.
Innovare o conservare? Rispettare religiosamente i canoni estetici antichi, o apportare un tratto nuovo, il segno della modernità che avanza irrefrenabile, con il rischio di dissacrare le opere dei grandi che sono venuti prima di noi?
Questa è l’annosa questione che sempre si ripete quando si decide di mettere mano, in Italia e altrove, ad opere antiche per restaurarle, ampliarle o per renderle più funzionali all’uso di oggi. Nel nostro Paese la tendenza è decisamente quella di intervenire nel senso più conservativo possibile ed anche là dove si decide di apportare innesti contemporanei a strutture secolari, la scelta sembra ricadere su opere che si integrino nel modo meno invasivo possibile, che si fondano con l’architettura preesistente senza andarne a turbare l’idea originale.
Un bellissimo esempio di questo tipo di intervento è quello dell’architetto Andrea Bruno, che tra la metà degli anni ’70 ed il 2000 ha sviluppato il progetto di ristrutturazione del Castello di Rivoli, antica roccaforte sabauda di origini medievali, che nei secoli ha vissuto alterne vicende fino a diventare oggi uno dei più importanti musei di arte contemporanea italiani.
Rimaneggiato nel XVII secolo con l’aggiunta della manica lunga, fu nuovamente rivisto da Filippo Juvarra nel 1715, all’interno dell’ambiziosa progettazione della “Corona di Delizie” per la nuova famiglia reale, ma il cantiere non venne completato e fu abbandonato nel 1734. Il Castello subì inoltre importanti danni durante la guerra. L’architetto Bruno ha “congelato” lo stato esistente del Castello ed ha ricostruito le parti danneggiate e mancanti con grandi volumi di vetro chiaramente riconoscibili, ma estremamente rispettosi del patrimonio ricevuto, riconosciuto anche dall’Unesco.
Altrove l’approccio è più audace: la Francia è uno dei paesi più all’avanguardia in questo senso. Come non ricordare per esempio la Piramide del Louvre, voluta dal presidente Mitterand all’interno del suo più ampio disegno delle Grandes óperations d’architecture et d’urbanisme, ed inaugurata nel 1988, fra esultazioni di giubilo e grida di orrore?
Eseguita dal celebre architetto cinese Ieoh Ming Pei per ampliare il museo e per progettarne l’atrio, la Piramide di vetro e ferro si staglia come un fulcro luminoso al centro dell’Esplanade du Louvre, in aperto contrasto con gli edifici seicenteschi circostanti. Anche se l’intervento è stato molto discusso e ha diviso e divide tutt’ora i sostenitori ed i detrattori di questo tipo di approccio, oggi la Piramide è considerata una delle icone di Parigi, al pari della Tour Eiffel, che fu anch’essa vittima a suo tempo di simili critiche.
Sempre a Parigi, ma del tutto contemporanea, è la ristrutturazione del Palazzo della Borsa per opera di Tadao Ando, volta a ospitare le opere del noto imprenditore, collezionista e mecenate François Pinault. La collaborazione fra Pinault e Tadao Ando aveva già prodotto risultati proficui nella ristrutturazione e conversione a museo di arte contemporanea del complesso di Palazzo Grassi e della Dogana a Venezia, i cui nuovi spazi espositivi erano stati inaugurati nel 2009. Aperto al pubblico solo dallo scorso maggio, questo edificio a pianta rotonda sormontato da una cupola affrescata, è stato ripensato dall’architetto attraverso la costruzione al suo interno di cerchi concentrici in calcestruzzo chiaro, con l’intento di rimandare proprio alla circolarità del tempo ed al dialogo fra antico e moderno.
Da alcuni considerato l’edificio più brutto del mondo, Il Royal Ontario Museum di Toronto, in Canada, vede la firma dell’archistar Daniel Libeskind. Il palazzo storico dei primi del ‘900 è stato rivisto ed ampliato nel 2007 con dei prismi di acciaio, alluminio e vetro che sembrano letteralmente esplodere dalla struttura, lasciando lo spettatore certamente colpito da così tanto estro. Il Castello di Moritzburg ad Halle, in Germania, ha invece ricevuto una sorte più dolce. Esempio di architettura militare gotica ridotto in rovina, è stato ristrutturato dallo studio spagnolo Nieto Sobejano Arquitectos, che ha realizzato la nuova copertura in vetro, che consente alla luce di inondare le sale del museo sottostanti. Ed un approccio simile è stato seguito nella ristrutturazione della magnifica Music School di Louviers, in Normandia. Una struttura del 1646 che nel tempo è stata monastero, tribunale, prigione, fino all’attuale scuola di musica, è stata ampliata dagli architetti di Opus 5. Qui l’intervento è al contempo moderno e del tutto integrato con l’opera preesistente ed il territorio: il nuovo edificio è realizzato sulle antiche mura come una grande scatola di vetro, che riflette i colori della pietra ed il cielo tutt’intorno.
Il dibattito fra il mantenere ciò che già esiste e l’intervenire con la creazione di qualcosa di nuovo che sia in qualche caso anche in forte contrasto con il passato resta aperto e molto acceso: ai posteri la sentenza definitiva.
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