Momenti di rassicurante ciclicità

Momenti di rassicurante ciclicità

Questo articolo fa parte del numero 9 di Web Garden: Autunno Sensoriale

È un’esplosione dei sensi l’autunno che si riserva di non trascurare alcuno stimolo: gusto, olfatto, vista e tatto.


Da quando Marcel Proust, in una pagina di «Dalla parte di Swann», assaggia una madeleine intinta nel thè e la «giornata cupa» si trasfigura in una radiosa domenica d’infanzia – nel tempo in cui «zia Leonia mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio» quel dolcetto che sembra «lo stampo della valva scanalata di una conchiglia di San Giacomo» – da allora, il potere di profumi e sapori è rivelato. Il gusto e l’olfatto sono piaceri immediati e, insieme, evocazioni capaci di trasportarci altrove. 

Così è l’autunno, la stagione di mezzo, che – come la primavera – ha in sé una memoria di sensi perfetta nella sua nitidezza; rassicurante nella sua immutata ciclicità. In città è l’odore delle caldarroste per strada che arriva alle narici prima ancora di avvistarne il carretto. È la fretta di sbucciarle per la nostra ingordigia: quelle in cima piene e gustose, ustionanti da soffiarci; le ultime deludenti, dure e freddine, di solito abitate da un verme.

L’abilità truffaldina dei caldarrostai è sempre sottovalutata, ma ci regala un battito d’infanzia e la stessa speranza, ogni volta disattesa, che la castagna perfetta sia davvero sul fondo, mentre raspiamo il sacchetto con i polpastrelli neri e le briciole di bruciato sotto le unghie.  

Nelle case – almeno in quelle dove il cambio di stagione segue le regole assennate delle nonne – è l’odore della naftalina, con il suo sentore spiacevole e pungente. I grandi cercano di cacciarlo via, arieggiando; i bambini restano a interrogarsi sul gusto: miraggio irraggiungibile per i più piccoli, indispettiti per non poter dare nemmeno una leccatina a quella pallina tonda e perfetta, bianca e lucida come una promessa di zucchero.Fuori dalle città, l’autunno è il profumo dei boschi di montagna e delle campagne dell’entroterra, perché il mare è diventato odore di acqua stantia e di umidità senza gusto, se non quello di infilarsi nelle ossa.

Tra le colline, le vette e le pianure in attesa di nuove semine si apre la stagione venatoria, e i cacciatori che hanno conquistato la loro preda di sera ne mangiano il fegato cotto con le cipolle. I più affamati, il primo piatto di polenta della stagione. Per chi aborre la caccia, la montagna è ugualmente ricca di gusti e soddisfazioni. L’odore della terra umida, delle foglie bagnate dalla pioggia e – nell’aria – il profumo lontano della resina, quella dei primi ceppi bruciati nel caminetto, mentre un riccio di castagno cade da un albero e la domenica si va per funghi, meglio se porcini: un piacere alla portata di tutti, però da maneggiare con cura, competenza e umiltà. Il fungo è il gusto dell’autunno per eccellenza; sublime o micidiale, se non si fa attenzione. È il cugino accessibile e popolare del tartufo, che invece non si trova senza possederne il mestiere e un cane addestrato.

Il tartufo è il trionfo dei sensi, che appaga in un colpo solo olfatto, vista e gusto, anche se è nell’odore il suo godimento sublime. È nelle albe autunnali che il trifolaio, che per tradizione va immaginato con mantello e bastone, svanisce dentro i banchi di nebbia e le nuvole basse, seguendo il suo «naso» a quattro zampe in un paesaggio di colori infiammati e licheni sdrucciolevoli; camminando fino a quando «bau», il tesoro è dissepolto.


Mozart tra i vigneti della Val d’Orcia

Mozart tra i vigneti della Val d’Orcia

Questo articolo fa parte del numero 9 di Web Garden: Autunno Sensoriale

È un’esplosione dei sensi l’autunno che si riserva di non trascurare alcuno stimolo: gusto, olfatto, vista e tatto.


Potremmo dire che l’autunno è una stagione poetica e malinconica, ricca di contrasti e di colori. Se da un lato è vissuto come un “periodo buio” poiché ci si lascia alle spalle il calore e la spensieratezza dell’estate, dall’altro viene visto come un periodo propizio per le raccolte e le vendemmie. Ed è a partire dai vigneti che prende le mosse questo articolo attraverso cui proviamo ad accompagnarvi in un virtuale viaggio sensoriale, con l’udito al centro della narrazione.

Sapete che ci sono vigneti in cui viene diffusa musica classica attraverso altoparlanti disposti tra i filari? Il caso italiano più famoso è quello della Toscana, esattamente in Val d’Orcia: a Montalcino, tra i vitigni del Brunello, la coltivazione della vite avviene sulle sinfonie delle note di Mozart. 

L’idea venne negli anni Novanta a un ex avvocato milanese, che decise di dedicarsi interamente alla sua passione per le vigne: Carlo Cignozzi. Ma se inizialmente le sue teorie furono oggetto di burla e incredulità, la scienza gli venne in aiuto grazie a un’approfondita ricerca delle Università di Agraria di Firenze e di Pisa, sostenuta dalla BOSE Corporation, il colosso statunitense delle apparecchiature audio. Gli studi compiuti hanno dimostrato che attraverso le onde sonore delle composizioni di Mozart si crea un’accelerazione del metabolismo, si allontanano gli insetti dalle piante e la qualità dell’uva migliora. 

Perché proprio Wolfgang Amadeus Mozart? Alcuni studiosi hanno riconosciuto alle sue composizioni proprietà “terapeutiche”, grazie al tipo di coinvolgimento emotivo che suscita e alla loro geometrica eleganza. Esiste anche una teoria scientifica – affascinante quanto controversa – chiamata proprio “Effetto Mozart”, secondo cui l’ascolto di determinate sonate avrebbe momentaneamente migliorato le capacità cognitive di gruppi di volontari sottoposti all’esperimento. Il fatto che la musica abbia in sé un potere benefico e curativo sugli esseri umani è cosa nota. Probabilmente lo stesso avviene per gli esseri vegetali: dalle ricerche sui vigneti toscani è emerso come le musiche di Mozart permettano ai grappoli di maturare in anticipo, allontanando i parassiti e aumentando i polifenoli, molecole di origine organica presenti nelle bucce del Brunello, che migliorano la qualità delle uve e dei vini che se ne traggono.

Ecco quindi l’autunno in musica di Web Garden: una passeggiata tra i vigneti della Val D’Orcia sulle musiche di Mozart, degustando un calice di Brunello di Montalcino in quello che è noto come il Paradiso di Frassina.


L’Autunno nell’arte, un contrasto dei sensi

L’Autunno nell’arte, un contrasto dei sensi

Questo articolo fa parte del numero 9 di Web Garden: Autunno Sensoriale

È un’esplosione dei sensi l’autunno che si riserva di non trascurare alcuno stimolo: gusto, olfatto, vista e tatto.


Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie.

È con questa immagine che Ungaretti dipinge i soldati in guerra che si apprestano a morire, nella breve poesia composta nel bosco di Courton nel 1918: giovani uomini si preparano a cadere come le foglie degli alberi nella stagione autunnale, che lentamente si liberano del loro fardello prima del sonno dell’inverno che incombe. Ed è così che sovente è immaginato e rappresentato l’autunno.

Una stagione ove tutta la natura a poco a poco perde il proprio fulgore, si priva del suo splendore estivo, appassisce e lentamente muore. Eppure nella sua origine etimologica, la parola Autunno ha ben altro significato: proviene infatti da auctus, il participio passato del verbo latino augere, che significa “aumentare”, “arricchire”.

Questa parola quindi è bel lungi dal voler indicare un momento di malinconico declino: annuncia altresì il tempo dedicato alla raccolta dei frutti che uomo e natura hanno prodotto con il loro congiunto sforzo: quasi un’attesa e meritata ricompensa per il grande lavoro svolto.

L’autunno è un momento che suscita emozioni ambivalenti, talvolta in contrasto fra loro, e queste contrapposizioni sono molto ben rappresentate nell’arte, dove la stagione autunnale ha ispirato opere di grande voluttà, ma anche di estrema malinconia. Nella tradizione greco-romana, questo periodo dell’anno è associato alla divinità greca di Dioniso, Bacco per i latini, dio della vite, delle libagioni, ma anche emblema dei piaceri sensuali.

Lo splendido affresco “Trionfo di Bacco” di Domenico Piola (1687-1688) che decora la Sala d’Autunno di Palazzo Rosso a Genova, ci offre un’immagine della divinità che esula dal consueto: qui non è infatti raffigurata come d’abitudine nel pieno di sfrenati bagordi, ma nel momento in cui, giunta all’isola di Nasso, incontra e sposa la bella Arianna.

Animali sacri al dio, satiri, baccanti e centauri circondano la scena, incorniciata da un fregio dorato con tralci di vite: un tripudio di gioia e di vita. Ed è ancora un momento di abbondanza quello rappresentato da Fancisco Goya ne “La Vendemmia”, dipinto nel 1786 e custodito oggi al Museo del Prado.

L’autunno è un momento che suscita emozioni ambivalenti, talvolta in contrasto fra loro, e queste contrapposizioni sono molto ben rappresentate nell’arte, dove la stagione autunnale ha ispirato opere di grande voluttà, ma anche di estrema malinconia. Nella tradizione greco-romana, questo periodo dell’anno è associato alla divinità greca di Dioniso, Bacco per i latini, dio della vite, delle libagioni, ma anche emblema dei piaceri sensuali.

Lo splendido affresco “Trionfo di Bacco” di Domenico Piola (1687-1688) che decora la Sala d’Autunno di Palazzo Rosso a Genova, ci offre un’immagine della divinità che esula dal consueto: qui non è infatti raffigurata come d’abitudine nel pieno di sfrenati bagordi, ma nel momento in cui, giunta all’isola di Nasso, incontra e sposa la bella Arianna. Animali sacri al dio, satiri, baccanti e centauri circondano la scena, incorniciata da un fregio dorato con tralci di vite: un tripudio di gioia e di vita. Ed è ancora un momento di abbondanza quello rappresentato da Fancisco Goya ne “La Vendemmia”, dipinto nel 1786 e custodito oggi al Museo del Prado.