Buon Anno da Web Garden

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Il team di Web Garden vi augura di passare un felice Anno Nuovo.

Nel farlo vi proponiamo la canzone “Who Wants to Live Forever” dei Queen interpretata da Lorenzo Licitra dall’evento di Natale del 2021 al Duomo di Torino!

Buon Natale da Web Garden

Buon Natale da Web Garden

Il team di Web Garden vi augura di passare un felice Natale con le vostre famiglie e amici, nell’attesa di ripartire con un nuovo anno ricco di novità, giardini, articoli e news.

Nel farlo vi proponiamo la canzone “White Christmas” interpretata da Lorenzo Licitra dall’evento di Natale del 2021 al Duomo di Torino!

Il Foliage, l’armonia di colori dell’autunno

Il Foliage, l’armonia di colori dell’autunno

Questo articolo fa parte del numero 19 di Web Garden: Armonie autunnali…

L’autunno: quella stagione in cui lentamente la natura si ripiega su sé stessa e piano piano si lascia morire in attesa della rinascita primaverile. È un periodo di malinconica contemplazione, di trasformazione lenta, di raccoglimento. Ma questo spogliarsi necessario, questo mettersi a nudo per prepararsi alla veste nuova che il futuro le riserva, è caratterizzato in alcuni luoghi da uno dei più meravigliosi spettacoli di colori che la natura possa offrire, una sorta di glorioso canto del cigno.

Noto con il termine di foliage, la sua derivazione è inglese ed indica semplicemente il fogliame degli alberi. Si deve agli Stati Uniti l’accezione che oggi se ne fa comunemente, ossia lo splendore del mutamento dei colori delle foglie in questa stagione. Il verde rigoglioso lascia il posto alle sue sfumature più tenui che poi virano al giallo, al rosso, a tutti i toni di marrone. I colori si sovrappongono, si intrecciano ed anche la terra si copre di un tappeto di foglie le cui nuances non sarebbero riproducibili dall’artista più fedele. L’aria è umida e sa di natura, mentre nella brezza le foglie si liberano dai rami come stormi di uccellini. Il graduale mutare dei colori del foliage però non riguarda tutte le specie di alberi, ma solo le caducifoglie che si trovano in zone dal clima temperato.

Web Garden vi accompagna in una passeggiata in giro per il mondo, in alcuni dei luoghi dove questo trionfo raggiunge il suo apice.

Non si può cominciare questo viaggio virtuale se non dal Canada. Il secondo paese più esteso del mondo (dopo la Russia), ha relativamente pochi abitanti ed una natura vastissima ed incontrastata: chilometri di boschi in cui l’acero regna sovrano, tanto che la sua foglia campeggia al centro della bandiera nazionale. Sono moltissimi i parchi nazionali che nel periodo del foliage offrono la vista di panorami mozzafiato, dal parco di Algoquin, vicino a Toronto, al Riverwood Park, nei pressi di Mississauga. L’Agawa Canyon offre un meraviglioso tour in treno, che prevede una corsa di 22 kilometri nel mezzo di una natura tanto spettacolare da essere stata fonte d’ispirazione per Tom Thomson e il Group of Seven, fra i maggiori pittori paesaggisti dei primi del secolo scorso.

Sempre in Nord America, è nel New England, la zona a nord est degli Stati Uniti, che si ammirano i più incantevoli paesaggi autunnali. Le White Mountains del New Hampshire sono una delle destinazioni più ambite al mondo in questa stagione, dipinte del rosso dei loro aceri. Sempre qui sono immancabili le Silver Cascade Falls, nella contea di Carroll: una cascata di 80 kilometri circondata dal bosco. Ma anche la California, dal lato opposto della costa, sebbene meno nota per il foliage, offre una valida alternativa: il Bishop Creek Canyon, per esempio, regala un vasto panorama di rosso e di giallo con le montagne della Sierra Nevada a fare da sfondo. Per una meta più urbana, è meraviglioso il contrasto fra i colori dorati degli alberi d’autunno nel Central Park di New York e le linee precise dei moderni grattacieli che squarciano il cielo di Manhattan.

Spostandoci in Europa, ci dirigiamo verso la Scozia, dalla natura aspra e romantica allo stesso tempo. La foresta di Pitlochry è molto particolare, poiché i suoi pini non cambiano colore, ma formano pennellate di verde fra le variopinte sfumature di tutti gli altri alberi. In ottobre qui si tiene l’Enchanted Forest, un evento notturno in cui la foresta viene animata da luci e musica. L’isola di Skye invece permette di ammirare i giochi di colori riflessi sull’acqua ed una natura che sembra infinita. Un po’ più a sud, in Inghilterra, si può percorrere la foresta di Dean, nel Gloucestershire, sia a piedi che in bicicletta e passeggiare fra i roveri, i castagni ed i faggi tra i quali un tempo cacciava la famiglia reale. Molto particolare è anche il Lake District National Park, che ha ispirato poeti da Coleridge a Wordsworth.

Qui, ai colori tradizionali degli alberi, che possono essere ammirati anche con escursioni in barca lungo i numerosi corsi d’acqua, si unisce quella più unica degli arbusti, che punteggiano il paesaggio con macchie di ocra e di viola. In Francia, la zona della Loira, con i suoi magnifici castelli ed i suoi vigneti a perdita d’occhio, in autunno regala viste commoventi.

Se il Giappone è certamente noto per l’hanami, la fioritura primaverile dei suoi meravigliosi sakura, i ciliegi rosa che tutti conosciamo, anche il foliage autunnale, qui conosciuto come koyo, fa parte della grande tradizione locale e permette di ammirare in particolare i colori fiammeggianti dei suoi aceri. I luoghi migliori in cui bearsi di questo tripudio di rossi sono la città di Nikko, nei pressi di Tokyo, patrimonio dell’umanità dell’Unesco e Kyoto, nel periodo tardo autunnale di novembre e dicembre.

Lo spettacolo del foliage ha un tempo breve ma intensamente emozionante, è l’ultimo fuoco d’artificio al termine della festa. Un momento da assaporare pienamente e di cui riempirsi gli occhi e il cuore prima del sonno invernale.

I Giardini Botanici nel Mondo

I Giardini Botanici nel Mondo

Questo articolo fa parte del numero 17 di Web Garden: Il Giardino dei Semplici

L’origine dei giardini botanici è antichissima e culturalmente trasversale. Inizialmente luoghi in cui si coltivavano piante medicinali, unica fonte di cura un tempo disponibile, le prime tracce della loro esistenza risalgono all’epoca egizia del faraone Tutmosi III con il giardino di Karnak, ma erano noti anche nell’antica Atene, a Roma e fra gli Aztechi, con il grande giardino voluto da Montezuma e successivamente distrutto dagli spagnoli.

La loro diffusione crebbe durante il Medioevo, quando i religiosi coltivavano horti sanitatis all’interno dei monasteri e presso le università di medicina e farmacia. Nel Rinascimento e con la scoperta delle Americhe la funzione dei giardini botanici si espanse a quella di luoghi di raccolta e ricerca scientifica, dove specie diverse venivano osservate e classificate. Oggi nel mondo ve ne sono di meravigliosi, diversissimi tra loro per flora, paesaggio, storia e spirito.

Non si può iniziare alcun excursus se non dai Kew Gardens di Londra. Patrimonio universale dell’UNESCO, raccolgono circa 50.000 specie diverse, conferendo a questo luogo il pregio della maggiore biodiversità al mondo. Ubicati a circa 10 km dalla capitale inglese, fra Richmond Upon Thames e Kew, si estendono su una superficie di 120 ettari che comprende arboreti, serre, pagode e persino una vera e propria foresta pluviale nella Palm House, una serra innovativa edificata negli anni ’40 del diciannovesimo secolo, oggi vero e proprio simbolo di questi giardini e custode di un habitat in felice contrasto con il freddo clima britannico.

Kirstenbosch Botanical Garden di Cape Town city.

Considerato uno dei più bei giardini del continente africano, il Kirstenbosch Botanical Garden, istituito nel 1913 lungo le pendici della Table Mountain di Città del Capo, in Sud Africa, ha la peculiarità di essere il primo giardino botanico al mondo dedicato alla coltivazione delle specie vegetali autoctone. Vi si curano infatti 7000 varietà di piante diverse, molte delle quali rare oppure a rischio di estinzione e tutte provenienti dall’Africa meridionale.

La Botanical Society Conservatory è una serra dedicata alla conservazione le piante provenienti dalle regioni aride, ma all’interno di questo splendido giardino che si estende su 30 ettari vi sono anche una foresta, un fymbos (una sorta di vegetazione a macchia), un giardino pensile dedicato alle erbe aromatiche, uno dedicato alle piante medicinali del luogo ed un parco di sculture.

Butchard Gardens, Vancouver

I Butchard Gardens sull’isola di Vancouver, a mezz’ora dalla città di Victoria, sono ancora gestiti privatamente dalla famiglia che li ha creati e che ogni anno accoglie migliaia di visitatori. Tanto belli da essere proclamati nel 2004 “sito storico nazionale del Canada”, si estendono su 22 ettari ed oltre a raccogliere un’incredibile varietà di piante, ospitano moltissime specie di uccelli ornamentali provenienti da tutto il mondo. La loro particolarità è quella di offrire la possibilità di godere di giardini molto diversi fra loro: poco dopo l’ingesso vi è un sunken garden (giardino infossato), ma i visitatori possono scegliere di passeggiare nel roseto, a cui si accede tramite un viale fiorito, oppure nel giardino italiano, in quello giapponese o ancora in quello mediterraneo. Il tutto è attraversato da cascatelle e corsi d’acqua ed animato dal cinguettio di uccelli variopinti.

Koishikawa Korakuen, Tokyo

Inaspettata oasi di pace nel cuore pulsante della frenetica Tokyo, i giardini Koishikawa Korakuen risalgono al periodo Edo (1603-1867). Voluti dal signore feudale Yorifusa, furono portati a compimento da suo figlio Shun Shunsui nel 1669. Questo luogo è caratterizzato da una diversità di scorci e vedute ed all’estetica nipponica si somma una forte influenza stilistica cinese. Raggiunge il suo maggiore splendore durante la primavera con la fioritura dei celebri sakura, i ciliegi giapponesi, ma si colora del rosso degli aceri in autunno e gode della fioritura dei pruni alla fine dell’inverno. Tra i paesaggi in miniatura fatti da camminamenti di pietra, laghetti e colline, in fondo al giardino si trova anche un piccolo campo di riso. 

Inhotim, Brumadinho, Brasile.

A completare questo piccolo giro del mondo per giardini botanici vi è l’Inhotim Institute and Botanical Gardens di Brumandinho, in Brasile. A circa 60 km da Belo Horizonte, questo progetto è nato dalla volontà del magnate Bernardo Paz con l’intento originario di ospitare la sua collezione d’arte, una delle maggiori collezioni private del paese ed una delle più reputate al mondo. Dal 2011 però la proprietà è anche un giardino botanico: ospita circa cinquemila specie di piante diverse, di cui mille e duecento sono solo le palme. Inoltre, questo è l’unico giardino dell’America Latina a coltivare il Carrion Flower, una specie nativa dell’Asia e considerato il fiore più grande al mondo. 

Api in alta quota

Api in alta quota

Questo articolo fa parte del numero 16 di Web Garden: Il linguaggio della Natura: le api.

Tra le 20mila specie di api che ronzano sulla Terra, la più diffusa si è formata sopravvivendo alle glaciazioni. Si chiama Apis mellifera ligustica, meglio conosciuta come “ape italiana”: quella che vediamo in primavera e in estate mentre passa di fiore in fiore per catturare nettare e polline. Nonostante questa immagine bucolica di petali, pistilli e prati colorati, alle api il caldo piace pochissimo. Lo sanno bene gli apicoltori, che in estate spostano le arnie in zone riparate dal sole, mentre le api ventilatrici si danno un gran daffare sbattendo freneticamente le ali – due paia ciascuna – per rinfrescare l’alveare. 

A differenza di quanto credono i più, le api italiane stanno benissimo nelle regioni fredde e nelle zone montane. In inverno, quando le arnie sono coperte di neve, gli alveari respirano perché la neve è permeabile: all’interno non si forma un eccesso di anidride carbonica né di umidità. Basta che le famiglie siano forti e abbiano una scorta sufficiente di mieli e sciroppi. 

Un vecchio manuale americano (L’ape e l’arnia; 1921) mostrava immagini di un esperimento estremo: famiglie di api sopravvissute in piena salute a un inverno in cui le temperature erano arrivate a -30 gradi e il vento a 27 chilometri l’ora. E, nel suo Bee Behavior (1980), il celebre apicoltore statunitense Stephen Taber (1924-2008) spiegava le tecniche di conduzione degli alveari dalla Svezia al Canada, garantendo la possibilità di fare apicoltura produttiva anche dove il clima è freddo e la stagione del raccolto breve. 

All’inizio degli Anni Duemila, l’apicoltore finlandese Pekka Tuomanen riusciva a produrre in soli 2 mesi tra gli 80 e i 100 kg per alveare. Un record di maestria: e tutto con l’ape italiana.

Benché nell’ultima grande glaciazione le pianure non esistessero, spesso chi vive di apicoltura preferisce le regioni pianeggianti. È una condizione climatica che allontana l’Apis mellifera ligustica dal suo habitat naturale, ignorandone la millenaria memoria generica. Come direbbe Nanni Moretti, «continuiamo così, facciamoci del male»: perché – scrive Gabriele Milli nel visitatissimo blog apicolturaonline.it – andando avanti con questo sistema «si impoverisce irrimediabilmente l’Apis mellifera ligustica di una caratteristiche fondamentale: la sua estrema adattabilità». 

Slow Food, che di biodiversità ne capisce, nel 2012 ha avviato il Presidio dell’ape nativa della Sierra Norte di Puebla (Messico). Qui, a un’altitudine media di 1.825 metri, vive una razza speciale di ape senza pungiglione, che gli indigeni chiamano Pisilnekmej (nome scientifico: Scaptotrigona Mexicana), allevata in arnie composte da due vasi di terracotta da cui si ricava un miele speziato e piccante al naso, con note di agrumi in bocca, usato come alimento o come medicinale. 

Più vicino a noi, se Germania e Austria hanno una lunga tradizione di mieli di montagna, l’Italia non è da meno. Gli apiari in quota sono numerosi sugli Appennini del Centro-Nord (700-1.000 metri), sulle Prealpi Lombarde, dove si produce un ottimo miele d’acacia (già di per sé piuttosto redditizio), in Trentino e in Alto Adige, dove il miele è superlativo: quello sudtirolese di Imkerei Hieslerhof, ad Avelengo (tra i 1.290 e i 1.600 metri in provincia di Bolzano), nel 2016 è stato premiato con l’oro dall’Associazione apicoltori. 

Tra i migliori prodotti italiani, selezionati dal 1981 dall’Osservatorio Nazionale Miele attraverso il Concorso Tre Gocce d’Oro, ci sono il Millefiori di Alta Montagna delle Alpi (vallata dolomitica) e il Miele di rododendro, prodotto in Piemonte nei pascoli di alta montagna. Certo, occorre duro lavoro. Lo stesso svolto delle api bottinatrici, che ronzano nei prati dall’alba al tramonto: appena tre secondi per ogni fiore e poi via, subito a impollinarne altro e a prelevarne il nettare dal fondo del calice – il nettario – arrivando a visitare 2mila corolle al giorno. E ricominciare daccapo la mattina dopo. 

Apiari integrati: uno “zzzz” che insegna e guarisce

Apiari integrati: uno “zzzz” che insegna e guarisce

Questo articolo fa parte del numero 15 di Web Garden: Il linguaggio della Natura: le api.

Per le api, il 2017 è stato un anno cruciale: l’Onu ha istituito una Giornata Mondiale dedicata a questi preziosissimi insetti, che si celebra ogni 20 maggio e riconosce la loro importanza strategica per il nostro ecosistema.

Dopo non poche alzate di scudi, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha stabilito che le api sono a gravissimo rischio estinzione a causa di molteplici fattori, tra cui l’eccessiva urbanizzazione a discapito del loro habitat naturale, l’inquinamento ambientale e l’uso fuori controllo dei pesticidi. Secondo gli esperti, le ripercussioni di un mondo senza api sarebbero così gravi da stravolgere il volto della Natura e del nostro stesso Pianeta.

Da quella storica Assemblea, gli interventi per la sensibilizzazione e la salvaguardia delle api si sono moltiplicati, in nome della tutela della biodiversità di flora, fauna e di tutti quegli ecosistemi – non pochi – che soffrirebbero per la loro scomparsa. Così sono nati gli apiari integrati, concetto inizialmente ostico ai più, che esprime null’altro se non un nuovo, moderno e rispettoso concetto di apicoltura e api-cultura. Il primo apiario integrato d’Italia è nato a Marostica, in provincia di Vicenza, sulle colline di San Luca. Qui, Andrea Dal Zotto ha realizzato un’area protetta dove è possibile studiare, osservare e – in definitiva – imparare a rispettare le api e il loro universo.

L’apiario ingrato è composto da una struttura in legno cui vengono collegate, esternamente, le arnie destinate alla produzione del miele, a loro volta modificate per permettere ai profumi provenienti dagli alveari di saturare l’aria sia interna sia esterna. I benefici sono numerosi e interessanti. L’apiario integrato consente, ad esempio, di coniugare l’apicoltura con la pratica dell’api-aroma, speciale trattamento di
aromaterapia, e con quella dell’api-sound: là dove ascoltare il suono delle api è molto più che sentire un banale “zzzz”.

Sempre più studi hanno dimostrato che respirare l’aria di un alveare rafforza il sistema immunitario. Che sia merito delle resine o degli olii essenziali sprigionati dalla cera, del propoli o dello stesso miele, una serie di respiri profondi in compagnia delle api solleva lo spirito e fortifica il corpo. Questo tipo di aromaterapia ha un’azione curativa e benefica sull’apparato respiratorio e combatte le infiammazioni e i mali di stagione – quanto meno attenuandoli in maniera significativa. Non meno importante è l’api-sound, aiuto prezioso contro lo stress. Il ronzio delle api, con la sua frequenza di 432Hz, è perfetto per la meditazione e per le pratiche di rilassamento.

L’apiario integrato svolge così molteplici funzioni, sia didattiche sia curative. E, dal 2017 a oggi, sono nati numerosi progetti e altrettanto numerosi apiari. Uno tra gli ultimi a essere inaugurato è il Wonder Bee di Grottole, piccolo comune vicino a Matera (Basilicata), ideato nel 2020 su progetto dall’apicoltore Rocco Filomeno assieme a Davide Tagliabue e Carlo Roccafiorito. L’idea era creare un modello riproducile in scala, in modo da diventare una risorsa per l’intero territorio. Una missione felicemente compiuta, assieme all’obiettivo di fare conoscere alle persone – ma soprattutto ai bambini – le api, il loro mondo meraviglioso e l’importanza sostanziale che hanno per
l’ecosistema.

Lo scrittore Mario Rigoni Stern scriveva che «le api sono un insieme e non individui»: per loro è impossibile sopravvivere fuori dalla comunità. Ciascuno di questi incredibili insetti conosce la propria ragione d’essere e adempie ai propri doveri istintivamente, senza che nessuno glielo insegni, imponga o solleciti.

L’ape regina ha il solo compito di deporre le uova per garantire la longevità della famiglia, ed è così solerte da depositarne tra le 2 e le 3mila al giorno. I fuchi non devono far altro che fecondare la regina. Le api operaie, nomen omen, assolvono a tutte le altre mansioni: ci sono le api che puliscono le cellette; le api ceraiole che costruiscono e manutengono i favi di cera; le api becchine che eliminano dall’alveare le api
morte; le api guardiane, sentinelle formidabili nate per sorvegliare che nessuno entri nell’alveare.

C’è poi l’ape impollinatrice, la più importante tra tutte, che ha un ruolo fondamentale per garantire e mantenere la biodiversità della flora, e di conseguenza di tutti gli esseri viventi. Volando di fiore in fiore, su specie differenti di piante spontanee e d’interesse agricolo, si sporca il corpo e le zampette di polline, per poi trasportarlo su altri fiori permettendone la riproduzione. Così, se oggi l’incredibile e organizzato universo delle api non è più un mondo conosciuto soltanto da entomologhi, apicoltori e addetti ai lavori, un grazie va anche agli apiari integrati, che stanno avvicinando tantissime persone al loro piccolo, grande, imprescindibile “zzzz”.