
La Rosa, una spia al servizio della vigna
Questo articolo fa parte del numero 13 di Web Garden: in nome della Rosa
La rosa e la vite, un connubio naturale dalle origini pragmatiche e antiche, molto più di un semplice vezzo del vignaiolo.
Dal Monferrato alle Langhe, dalla Champagne alla Borgogna, un vigneto non è un vigneto se non ha una rosa all’inizio di ogni filare. È solo un tocco di eleganza, un inno alla bellezza e al romanticismo, o ha una sua origine di pragmatismo contadino?
La rosa in vigna c’è sempre stata fin dal tempo dei Romani, ha solo cambiato la sua funzione. Un tempo, quando non esistevano i prodotti di sintesi per combattere le malattie tipiche della vite (Oidio, Peronospora, Mal dell’esca, ecc.), il contadino aveva a sua disposizione solo prodotti naturali: verderame, zolfo, poltiglia bordolese.

Ma poiché nella vita è meglio la prevenzione della cura, come già insegnava tra Sei e Settecento lo scienziato e medico visionario Bernardino Ramazzini, come sapeva il contadino quando intervenire prima che la vigna si ammalasse?
Piantava una rosa a ogni testata. Da sempre, la rosa contrae le malattie tipiche della vite una settimana in anticipo, cosicché il contadino, appena vedeva i suoi petali in sofferenza, interveniva e trattava. Era una sorta di Mata Hari o di Contessa di Castiglione, che con la loro bellezza erano spie formidabili.
Oggi nei vigneti si usano prodotti di sintesi (non in quelli biologici e biodinamici) che si danno preventivamente per risolvere tutti i problemi.
Così la rosa è diventata solo più motivo di raffinatezza e ornamento, e ha perso il suo ruolo di sentinella delle vigne.
Ma per il vignaiolo gentiluomo rimane pur sempre una coccola da regalare alla dama, come retaggio della nobile e centenaria tradizione di celebrare con un fiore la beltà femminile.
Foto di Marco Beck Peccoz per Web Garden











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