Dialogo di Web Garden con Jessica Carroll

Dialogo di Web Garden con Jessica Carroll

Questo articolo fa parte del numero 11 di Web Garden: la Matematica della Natura.

Vogliamo celebrare la Natura, l’equilibrio e la perfezione del creato, tratti che portano a pensare che quanto osserviamo sia l’opera di un’intelligenza sublime e superiore.


Jessica Carroll, nata a Roma nel 1961, è un’artista d’adozione torinese e viene da una famiglia dove la cultura era fondamentale: il padre artista, la madre scrittrice, il fratello musicista. Nella sua vita ha viaggiato in tutto il mondo, dagli Stati Uniti all’Africa, da Israele all’India, dove ha avuto modo di visitare ecosistemi diversissimi e di approfondire la fotografia naturalistica.

La sua arte è strettamente legata alla natura e le sue opere, dai marmi ai bronzi ai disegni, esprimono una sapiente attenzione per l’ambiente naturale, nata anche da un’attenta ricerca scientifica basata sull’osservazione delle regole matematiche risultanti nella natura.

  • Web Garden è un progetto che studia la natura e la vuole far conoscere sotto diversi aspetti. Jessica Carroll, lei è un’artista che ha un fortissimo legame con la natura e lo vediamo in tantissimi suoi lavori: da cosa nasce questa sua passione?

Credo nasca dall’aver perlustrato moltissime riserve e parchi naturali di mezzo mondo, facendo ricerche fotografiche. Guardaboschi e scienziati mi hanno guidata e mi hanno insegnato un’esperienza simile a quella dei primi naturalisti esploratori. Ogni mia opera è guidata da una ricerca scientifica analitica, è una sorta di amplificazione della natura, senza pietismo.

  • Cosa la affascina in particolar modo dello studio degli animali?

Mi affascinano da sempre il senso di orientamento delle api, la migrazione degli uccelli e di altri animali che trovano la loro via attraverso il pianeta, ricongiungendosi con i posti dove sono nati, per andare a riprodursi.. Per esempio fra gli uccelli, quando si avvicina il momento della migrazione, il loro atteggiamento è detto INQUIETUDINE: è proprio il termine scientifico. Poi, naturalmente, il senso dell’orientamento, di cui si sa ancora così poco, ma che sembra dipendere in gran parte dalle leggi quantistiche, oltre che dal magnetismo e dalle stelle. E poi il SEGUIRE, che è la legge che regola lo spostamento ordinato di oche, anguille, pesci, stormi, ecc… Una legge, ma anche una filosofia.

  • Nelle sue opere si trovano moltissimi riferimenti alle api e alle meravigliose forme geometriche delle loro “danze”, che lei ha sapientemente rappresentato: quando e come ha iniziato a studiare le api?

Ho cominciato negli anni ’90 in Piemonte. Un ornitologo e apicoltore mi ha presentato le sue arnie e da allora ho continuato a studiarle, osservarle e ad essere incantata da loro. Sono una profonda osservatrice del piccolo e del microscopico ed, esattamente come in natura, nelle mie opere torna spesso il frattale, un oggetto geometrico che si ripete identico su scale di grandezza diverse. Quando lavoro a tema determinato mi immergo molto nello studio, amplifico l’argomento sotto molti punti di vista; talvolta mi concentro in modo così approfondito che fatico a passare all’azione.

  • Che cosa ha imparato dalle api?

Ogni giorno con grande stupore imparo qualcosa e tento ardentemente di assomigliare alla loro natura.

  • Nel suo lavoro quanto sono valgono le regole matematiche e fisiche, conosciute attraverso l’osservazione precisa e meticolosa della natura? Come si riflettono nelle sue opere?

Moltissimo. Il mio lavoro in effetti parte spesso da dati scientifici oltre che filologici. Lo sforzo poi è di unirli poeticamente ed esteticamente. Ho passato quasi due anni cercando lo sviluppo geometrico della costruzione delle celle delle api, come modulo. Ma il modulo non esiste, perché le api fanno continui aggiornamenti di ogni tipo. Poi, finalmente, si è scoperto che le api non fanno esagoni, ma cerchi e usano le leggi fisiche perché si formino gli esagoni.

  • Ci sono nuovi progetti per il 2022?

Molti, bellissimi, progetti. Il più vicino è la partecipazione a “Selvatica” a Biella, a seguire una bellissima mostra ai Giardini Reali di Torino.

Intervista a Carlo Galfione

Intervista a Carlo Galfione

Questo articolo fa parte del numero 8 di Web Garden: Infinito

Nel mese di Halloween – festa pagana di fine ottobre che riporta in vita i morti e, talvolta, spaventa a morte i vivi – il Magazine di Web Garden si cimenta con l’Aldilà tra serietà e leggerezza dall’antico al moderno, dal serio al leggero.


Chi è Carlo Galfione? Un pittore, restauratore, musicista, motociclista? Un artista, ma anche molto di più. Le etichette gli stanno strette. Sicuramente è un pensatore, che ha delle idee forti e ben definite, che racconta con entusiasmo ed educazione sabauda.

WebGarden: Che cos’è per te la Natura?

Carlo Galfione: Siamo partiti dalla natura. Ma cosa è ora? La natura ormai è diventata narrazione, ha perso quella valenza di liberazione e  di “naturalità”. Vive in una dimensione di marketing e quindi a noi cosa rimane? Cavalcare quest’onda, immergerci totalmente. In questa ottica nasce il dipinto Fake Story (2021, olio su tessuto a rilievo, cm 150 x 120): ho scattato di nascosto una foto a uno dei banner dell’Ikea e l’ho dipinta su un tessuto storico. Le ho dato una seconda vita, sembra più vera della fotografia originale, senti quasi l’odore di muschio. L’immaginario figurativo dal quale traggo ispirazione è praticamente solo quello che attingo dai social: “rubo” le immagini dagli amici così come dagli sconosciuti. Che poi è il concetto della mia ultima mostra, dal titolo “Le Vite degli altri”. Mi approprio dei loro ricordi visivi, e li rappresento decontestualizzati.

Per esempio in questo paesaggio la fotografia è stata scattata in treno vicino a Udine: mi sono immaginato che Riccardo (il titolare della foto n.d.r.) fosse triste per la separazione dalla figlia. Per questo l’ho dipinto su un broccato un po’ cupo. Ma magari Riccardo non era per niente triste, la sua immagine è stata un’ottima base per raccontare un’altra storia, la mia.

La natura traspare, spesso letteralmente, in tutte le sue opere, dalle ninfee, che con i loro fiori rosa ci osservano, ai paesaggi naturali con il punto di fuga tendente all’infinito della Mongolia, dove le tende rappresentate dialogano coi govoni della toile de Jouy su cui è dipinta l’opera.

Il paesaggio si fonde con la texture del tessuto e lo lascia intravedere sotto la matericità del colore, creando un sottile legame tra natura e artificio pittorico.

Nella nostra cultura la bellezza è quasi data per scontata. Nel mio lavoro cerco di ritrovare un canone estetico, partendo da frammenti, fino a trasformarli in altro, affinché possa essere osservato da altri occhi e altri punti di vista.

Infatti uno dei tuoi segni distintivi è proprio il tessuto. Come nasce per te il suo utilizzo?

L’uso del tessuto nasce da un discorso di omologazione estetica. Si tratta di una codificazione del bello, che nasce con la prima vera rivoluzione industriale: la tessitura. Con la creazione su larga scala un tessuto bello, artistico e decorativo può arrivare a tutti. Stesso discorso per le carte da parati. Ormai per me è diventato non solo pattern decorativo, ma ormai fa parte delle mie opere, diventa una trasparenza su cui compaiono altri elementi, altre storie, fino a far fondere i materiali insieme. Il tessuto quasi assorbe la storia e gli riesco a dare nuova vita. A volte i tessuti sono antichi e arrivano dai luoghi più disparati.

La toile de Jouy, per esempio, era molto usata nei paesi del centro Europa e rappresenta scene leggere, musicali e agresti – portatrici di canoni estetici così come di modelli sociali. A guardarle con attenzione possono raccontare un sacco di storie e si accostano nelle mie opere completandole e arricchendole di dettagli.

Carlo, quando osservo le tue opere trovo altri elementi ricorrenti che mi permettono di identificare il tuo lavoro: i tasselli.

Piano piano mi sono accorto che nei miei dipinti mancava qualcosa e quindi ho iniziato ad aggiungere dei tasselli. Apparentemente sembrano dei tasselli di pulitura, ma in realtà si tratta di elementi che aggiungo una volta finito il disegno figurativo. Rappresentano per me una stratificazione che segna una scansione temporale del lavoro. Sono disposti sui dipinti seguendo spesso una ritmica musicale e a livello cromatico sono una sintesi di tutti i colori che uso sulla mia tavolozza. Sembrano quasi delle sfocature di quello che ci sarebbe al di sotto di essi. Sono come una nota decontestualizzata, può essere sola, ma può farsi sinfonia.

Hai partecipato anche a un progetto particolare, legato al tema del momento del commiato. Come si è sviluppato?

Avevo già lavorato sulla stratificazione della memoria, ma mai sulla morte. Ho guardato alla storia e all’archeologia attraverso una chiave estetica. Ho camminato a lungo al Cimitero Monumentale. E ho trovato nella natura e negli elementi floreali un linguaggio valido per tutti.

Ho prodotto carte da parati, su cui sono intervenuto con tecniche diverse, con le quali ho coperto porzioni di parete. Mi piace l’idea che possano assorbire storie e farsi tramite di significati, come degli affreschi staccati. Ho voluto attribuire significati e concetti che si adattassero al contesto specifico.


Un orto officinale in città: intervista al dott. Andrea Nicola

Un orto officinale in città: intervista al dott. Andrea Nicola

Questo articolo fa parte del numero 7 di Web Garden: Ad Alta Quota

Per il numero di settembre, il team di Web Garden ha deciso di riprendere tre dei quattro giardini botanici alpini valdostani, dai quali si gode uno spettacolo mozzafiato delle cime più famose d’ Europa.


Nel cuore della Valle d’Aosta, proprio al centro del capoluogo, si nasconde un luogo inaspettato: un giardino botanico sperimentale di montagna, dove la passione per la montagna ha portato nel 2005 Andrea Nicola a ripercorrere la tradizione di famiglia. Il nonno già studiava le piante officinali e le loro proprietà benefiche, inserendo i suoi studi in pubblicazioni preziose, e il padre Giuseppe negli anni ‘80 si trasferì ad Aosta per aprire una farmacia, la prima a iniziare a vendere prodotti e cosmetici naturali in città.

Web-Garden si occupa di arte e natura, nello specifico di giardini. Come è nata l’idea di creare un orto botanico nel bel mezzo del centro storico di Aosta, facendo coesistere e dialogare natura e manufatti architettonici storici e moderni? Cosa c’era nell’area prima che voi la trasformaste nel giardino?

Andrea Nicola: È un sogno che si avvera. Sin da quando, oltre dieci anni fa, avevo in animo di creare un luogo dove potere rappresentare quanto stavamo facendo. Il giardino Sperimentale di Piante Officinali si trova nel cuore di Aosta e si estende per una una superficie di circa 400 metri quadrati, dove il visitatore può scoprire ed apprezzare quante piante preziose la natura ci ha regalato.

L’area in cui oggi è possibile visitare il Giardino botanico sperimentale dott Nicola fa parte del complesso degli edifici storici adiacente la Cattedrale di Aosta e cuore della vita religiosa, e non solo, già nell’Aosta romana.

In particolare e di notevole impatto è lo scorcio in cui si stagliano i due antichi campanili. Più a ovest, poi, si scorge il Gran Combin, un’elegante montagna innevata alta più di 4000 metri.

© Arlekart – www.arlekart.it

Quante sono le essenze che coltivate nel vostro giardino? Avete recuperato essenze rare o abbandonate tipiche della Valle d’Aosta? Raccogliete anche erbe spontanee?

Le  piante presenti sono circa 30 e sono tutte di interesse cosmetico o salutistico.

In particolare, ci teniamo a sottolineare, lo spazio dedicato al Thymus vulgaris varico, chemiotipo tipico della Valle d’ Aosta particolarmente ricco di timolo; bellissima è la sua fioritura primaverile! 

È proprio il nostro timo di montagna a ispirare molti nostri prodotti, tra cui cosmetici, come il nostro sapone liquido, e anche il nostro Elixir Opthymus, amaro al timo di montagna. Le nostre coltivazioni si trovano in luoghi magici, come l’appezzamento della Val Ferret a più di 1700 metri di quota di fronte alla maestosa catena del Monte Bianco.

Quali prodotti della montagna maggiormente utilizzate per realizzare i vostri preparati? Usate solo ingredienti di origine vegetale o anche animale?

Fra gli ingredienti maggiormente utilizzati nei nostri prodotti ci sono la calendula, l’arnica e il timo e soprattutto la stella alpina, pianta coltivata particolarmente amica della pelle, per le sue proprietà antiossidanti e protettive.

Le piante officinali presenti nei nostri prodotti provengono dalla Valle d’Aosta e dall’arco alpino. Si tratta di coltivazioni che seguiamo in prima persona, a chilometro zero, raccolte per essere trasformate grazie alle più moderne tecnologie.

La nostra ambizione sarebbe quella di raccogliere anche piante spontanee, ma in questo caso diventa più difficile standardizzare gli estratti e i processi produttivi e di raccolta.

Quando e come è nata la sua passione per la natura e la montagna? 

La  passione per la montagna è nata con me! Sin da bambino frequentavo Courmayeur con la famiglia, cogliendo e apprezzando gli aspetti naturalistici della vita all’aria aperta. Mia madre, piemontese, a suo tempo si dedicò alla realizzazione di una tesi universitaria proprio sulla flora e la fauna della Val Ferret.

Silvana Ghigino, direttore della Villa Durazzo Pallavicini

Silvana Ghigino, direttore della Villa Durazzo Pallavicini

Questo articolo fa parte del numero 6 di Web Garden: Acqua

Per il mese di agosto abbiamo scelto di approfondire Arte e Natura attraverso il tema dell’acqua.


Web Garden incontra l’architetto Silvana Ghigino, direttore di Villa Durazzo Pallavicini: a due passi dalla stazione di Genova Pegli troviamo un luogo magico e incantato, un parco dove il genio dell’architetto e scenografo genovese Michele Canzio ha trovato nel committente, il marchese Ignazio Alessandro Pallavicini, un complice e ispiratore.

Web Garden: Come nasce l’idea di paragonare le aree del parco ai tempi di uno spettacolo teatrale?

Silvana Ghigino: Su una collina ripida ed impervia il marchese Ignazio Alessandro Pallavicini e l’architetto Michele Canzio (che era il primo scenografo del teatro Carlo Felice di Genova) hanno realizzato uno dei giardini romantici ed esoterici più interessanti d’Europa.

Forse hanno incubato questo progetto per anni e poi, tra il 1840 e il 1846, lo hanno realizzato. Quando sono mancati hanno portato con loro il mistero del parco. Il messaggio occulto, benché seminato su ogni area del giardino con cura esoterica, non era esplicito.

Apparentemente sembra un bellissimo parco romantico; abbiamo dovuto portare avanti uno studio durato 40 anni, e che continua ancora oggi, per comprendere la simbologia che sta dietro ogni elemento architettonico e vegetale per poi “rivitalizzarla” con una corretta pratica di restauro.

Tra metà settecento e inizio ottocento (il confine temporale è molto fluido) il giardino all’inglese si sviluppa e si propaga dall’Inghilterra portando con sé i sottili significati del credo massonico.

La tipologia dei giardini massonici era quindi molto diffusa in Europa: si tratta di giardini all’inglese, all’ultima moda, densi di contributi romantici e di elementi insoliti e inconsueti, in grado di stimolare la curiosità e il mistero esoterico nel visitatore.

Il Parco Pallavicini è stato ideato come un vero e proprio percorso iniziatico; non si tratta di un giardino nel quale sono inseriti simboli massonici ma della materializzazione estesa di un vero e proprio racconto esoterico.

Il giardino risulta misterioso e di difficile comprensione soltanto a chi non ha gli strumenti per comprenderlo e va detto che oggi, con la nostra cultura mirata più ai temi tecnici e tecnologici che classici e filosofici, non abbiamo più gli strumenti per poterle capire e interpretare.

Per comprendere il giardino a fondo bisogna conoscere profondamente l’eclettismo, la massoneria e l’esoterismo. L’inserimento di grotte, piante, colori e ponti porta il parco a essere letto in chiave esoterica.

Nel parco è inserita tutta una simbologia legata alla massoneria, dove l’architetto traveste la storia, impregnandola di elementi esoterici e legati all’ars muratoria.

L’architetto Canzio progettando un parco di 8 ettari si comporta un po’ come se fosse a teatro e lo organizza come un melodramma, dividendolo in tre atti ognuno composto da 4 scene più un prologo, un antefatto ed un esodo finale. Nel fare questo inverte il concetto stesso di rapporto tra spettatore e teatro: qui è il visitatore che va incontro alla performance del giardino e al susseguirsi delle scene, non è lo spettatore fermo che osserva quanto accade sul palcoscenico.

Non è un caso che gli atti previsti siano 3, numero intrigante e fondamentale che allude a fasi alchemiche e a stadi di crescita massonica. Ma nel parco la numerologia si insinua continuamente oltre che con il numero tre con il quattro, numero della materialità e l’otto, il numero dell’infinito.

Dopo la morte del marchese tutto è lentamente scivolato nell’oblio; quando io e Fabio Calvi abbiamo iniziato a studiarlo in qualità di laureandi presso la Facoltà di Architettura di Genova tutto era stato scordato benché ancora presente. In allora eravamo molto giovani e poco istruiti in materia esoterica; restare affascinati da un luogo tanto bello quanto misterioso è stata una vera opportunità di sviluppo culturale ma anche e specialmente spirituale.

Pian piano, oltre alla bellezza esplosiva della natura, si sono scoperte le articolazioni teatrali e poi i simboli esoterici che il marchese e il suo architetto avevano adagiato sulla collina in maniera così copiosa da diventare occulta.

Bisogna ricordare che la massoneria era avversata a quei tempi (per motivi del genere si rischiava l’arresto) il chè mi fa pensare che il marchese e l’architetto si saranno molto divertiti a costruire un’opera massonica occulta, che sapevano essere praticamente intelleggibile ai ‘profani’.

Il parco è davvero molto suggestivo e ricco di scorci: è mai stato un set cinematografico? 

Abbiamo avuto recentemente gli operatori della Rai per il programma CITTA’ SEGRETE, negli anni scorsi riprese per Bell’Italia e altri programmi turistico-culturali. Personalmente non sono convinta che questo parco possa essere utilizzato come vero e proprio set cinematografico; nonostante la sua dimensione gli spazi sono quelli di un lungo sentiero che per 3 km passa di scenografia in scenografia.

Gli scenari sono mozzafiato ma molto raccolti ed estremamente fragili. A me, che sono preposta alla sua conservazione, piacerebbe moltissimo incontrare un regista interessato che ne comprendesse le potenzialità e fosse capace di utilizzarle nel pieno rispetto del suo valore storico ed artistico.

Ci sono essenze storiche e rare? Come cambia il parco al variare delle stagioni?

Sì, molte rarità esotiche e piante monumentali tra le quali spicca in assoluto il Cinnamomum canfora sito sulle rive del Lago Grande. Per quanto relativo al variare della vegetazione la risposta è pochissimo perché, da buon scenografo, Canzio ha previsto una vegetazione organizzata quasi solo con sempreverdi che consente di avere una scenografia stabile in ogni stagione.

Comunque le fioriture esistono e si susseguono in ogni stagione con prevalenza alla primavera. Eccezionale è il bosco delle camelie, che regala, tra fine febbraio e inizio aprile, uno spettacolo di fiori impareggiabile. Si tratta del camelieto più esteso e antico d’Italia.

Poi ci sono i Giardini di Flora, rappresentazione del paradiso terrestre, che vengono mantenuti in una continua fioritura. I giardinieri lavorano continuativamente sugli 8 ettari di massa vegetale, che deve sempre essere perfetta: è davvero una grande fatica!

Anche se il problema più consistente è quello della manutenzione dei manufatti architettonici e delle opere d’arte.

Il parco è davvero molto suggestivo e ricco di scorci: è mai stato un set cinematografico? 

Abbiamo avuto recentemente gli operatori della Rai per il programma CITTA’ SEGRETE, negli anni scorsi riprese per Bell’Italia e altri programmi turistico-culturali. Personalmente non sono convinta che questo parco possa essere utilizzato come vero e proprio set cinematografico; nonostante la sua dimensione gli spazi sono quelli di un lungo sentiero che per 3 km passa di scenografia in scenografia.

Gli scenari sono mozzafiato ma molto raccolti ed estremamente fragili. A me, che sono preposta alla sua conservazione, piacerebbe moltissimo incontrare un regista interessato che ne comprendesse le potenzialità e fosse capace di utilizzarle nel pieno rispetto del suo valore storico ed artistico.

Ci sono essenze storiche e rare? Come cambia il parco al variare delle stagioni?

Sì, molte rarità esotiche e piante monumentali tra le quali spicca in assoluto il Cinnamomum canfora sito sulle rive del Lago Grande. Per quanto relativo al variare della vegetazione la risposta è pochissimo perché, da buon scenografo, Canzio ha previsto una vegetazione organizzata quasi solo con sempreverdi che consente di avere una scenografia stabile in ogni stagione.

Comunque le fioriture esistono e si susseguono in ogni stagione con prevalenza alla primavera. Eccezionale è il bosco delle camelie, che regala, tra fine febbraio e inizio aprile, uno spettacolo di fiori impareggiabile. Si tratta del camelieto più esteso e antico d’Italia.

Poi ci sono i Giardini di Flora, rappresentazione del paradiso terrestre, che vengono mantenuti in una continua fioritura. I giardinieri lavorano continuativamente sugli 8 ettari di massa vegetale, che deve sempre essere perfetta: è davvero una grande fatica!

Anche se il problema più consistente è quello della manutenzione dei manufatti architettonici e delle opere d’arte.

Intervista a Gianluca Quaglia

Intervista a Gianluca Quaglia

Questo articolo fa parte del numero 4 di Web Garden: Natura Urbana

Dall’edilizia ecosostenibile, alla creazione di orti urbani, i grandi e piccoli sforzi volti riportare la vita e l’equilibrio naturale nelle città che abitiamo.


Il rapporto uomo – natura è un tema molto dibattuto, anche in ambito artistico, e ciò che mi interessa sondare è un’esperienza visiva che trae origine da riflessioni di interazioni e comportamenti del mondo naturale con quello umano.

WebGarden: In tutte le tue opere compaiono elementi dal mondo Res Naturae e i tuoi lavori nascono dalla curiosità di stabilire una relazione tra natura e cultura: che cosa ti ha spinto verso questa indagine? Come si è evoluta nel corso degli anni?

Il rapporto uomo – natura è un tema molto dibattuto, anche in ambito artistico, e ciò che mi interessa sondare è un’esperienza visiva che trae origine da riflessioni di interazioni e comportamenti del mondo naturale con quello umano.

L’obiettivo non è raccogliere informazioni, bensì fornire un nuovo punto di vista, una diversa modalità di fruizione di un rapporto tanto antico quanto da riequilibrare. Il mio approccio iniziale è sempre affidato all’osservazione di immagini ricavate da libri, manuali, volumi antichi, tavole botaniche o carte decorative, cercando di connettere elementi tra loro per proporre un nuovo e diverso equilibrio formale. In un pianeta in cui la tecnologia corre veloce io sono sempre più interessato a un andamento lento, alla low-tech.

A mio parere è molto più radicale scegliere di coltivare un pezzo di terra piuttosto che immaginare futuri digitali o passeggiate virtuali.

WebGarden: Parte della tua ricerca si basa su una sorta di dissezione di un elemento per traslarlo nello stesso contesto. Hai una pazienza e una precisione infinite: a cosa pensi quando intagli le figure o modelli la ceramica? L’idea di svuotamento e isolamento per ricomporre un nuovo ambiente che significato ha?

Gli aspetti della precisione e della pazienza è pur vero che sono quelli che immediatamente balzano all’occhio dello spettatore e destano curiosità, in realtà sono i meno intriganti del mio lavoro, in quanto alla radice c’è una scelta che è quella di indagare l’infinitamente piccolo in relazione al suo opposto.

Sono un convinto sostenitore di tutte le mono manie e questa è la mia! Colleziono e acquisto libri e tavole scientifiche ogni qual volta mi capita di trovare immagini di mio interesse.

Ciò che è rilevante in questo scambio, imprevedibile e dinamico, non è lo strumento che utilizzo e le sue modalità d’impiego, bensì il risultato che cerco di ottenere. Mi soffermo sulle caratteristiche intrinseche delle immagini, analizzando contenuto, composizione, coerenza, per comprendere appieno quali possono essere le loro capacità di generare nuove forme. Ciò che mi interessa in maniera prioritaria, infatti, è la capacità che possiedono le immagini del mondo naturale di aprirsi a nuovi significati e di stimolare l’immaginazione di chi osserva.

Non ho voluto utilizzare i reperti storici per il mio lavoro, ma ho avuto comunque un proficuo scambio con chi se ne occupa

WebGarden: Come scegli le tavole che poi utilizzerai nei tuoi lavori? E dove le trovi? Che significato ha per te il riutilizzo di tavole ed erbari storici?

Sono un convinto sostenitore di tutte le mono manie e questa è la mia! Colleziono e acquisto libri e tavole scientifiche ogni qual volta mi capita di trovare immagini di mio interesse. Gli strumenti di ricerca che utilizzo per l’acquisto sono i più disparati, dai siti web dedicati ai mercati e negozi di antiquariato.

Al momento sono concentrato sui pollai: polli, galli e galline e sulle loro “case”. È un argomento molto interessante e allo stesso tempo molto battuto, chissà se ci farò qualcosa, vedremo…

Per quanto riguarda gli erbari storici, nel 2017, durante la residenza C.A.R.S. di Omegna, ho avuto la possibilità di lavorare all’interno dell’archivio del Collegio Rosmini di Domodossola.

È stata la mia prima esperienza a contatto diretto con un importante archivio che conserva reperti storici, rari e preziosi. È stato un momento di ricerca e scambio con i naturalisti che gestiscono l’archivio e ho avuto modo di vedere come trattano questa materia di studio e con quale cura e rispetto si occupano di ogni pianta.

Non ho voluto utilizzare i reperti storici per il mio lavoro, probabilmente sarebbe stato complicato averli in prestito, ma ho avuto comunque un proficuo scambio con chi se ne occupa ed è nata una collaborazione che si tradurrà in un’opera che sarà esposta nella mostra Cartografia sensibile a cura di Lorenza Boisi a Palazzo Tornielli ad Ameno (NO) a settembre 2021. 

WebGarden: Web Garden oggi si occupa di arte e natura, ma è nato dall’esigenza di visitare luoghi nascosti come i giardini meravigliosi non sempre accessibili al pubblico. Che rapporto hai con i giardini?

Il mio rapporto con i giardini è di assoluta ammirazione, conosco la teoria, ho studiato su libri che mi hanno permesso di entrare in questo vasto argomento affascinante. Ho approfondito i saggi di Gilles Clément, Michael Jakob, Michael Pollan, Wendel Berry e François Jullien. Diciamo dunque che conosco la teoria e meno la pratica del giardino. 

Nel mio lavoro ho scelto il giardino perché penso sia un perfetto esempio di collaborazione tra uomo e natura. Nel giardino risiedono la bellezza, l’armonia ma anche la filosofia e l’energia della natura. Se ci si dedica con cura al giardino, o anche all’orto, ci si può sentire all’interno del ciclo naturale ed è sorprendente. Il giardino è un argomento con secoli di tradizione e con grandi differenze tra occidente e oriente. È un tema meraviglioso e da scoprire.

WebGarden: I tuoi progetti sono molto spesso site-specific. Come consideri l’interazione tra ambiente e pubblico?

Nei miei ultimi progetti mi sono concentrato molto sulla relazione tra pubblico e opera, scegliendo di allestire i miei lavori in maniera tale da richiedere l’interazione con chi entra in contatto. È possibile trovare un mio lavoro posizionato molto basso che per osservarlo è necessario sedersi, altre volte invece si può trovare molto alto ed è necessaria una scaletta per guardarlo. Il punto di osservazione è fondamentale e cambia l’essenza dell’immagine. 

Ciò che mi interessa è provare a mettere in discussione le abitudini e i modi con cui normalmente ci relazioniamo con le immagini e gli ambienti naturali.

WebGarden: Sono molto incuriosita dalla serie “Possiamo sempre parlare del tempo”: ci vuoi spiegare come è nata l’idea e come realizzi queste microsculture?

L’opera è composta da piccole sculture realizzate con vari insetti morti tra cui mosche, api, vespe e farfalle. Tutti gli insetti sono stati trovati casualmente, per strada in diverse città d’Italia e d’Europa, in luoghi di montagna, in campagna e in abitazioni private. Con questi insetti sono state prodotte microfusioni in bronzo e argento.

È un lavoro che parte da un esercizio: osservare costantemente e con attenzione i luoghi in cui passo e in cui mi fermo, un allenamento utile a imparare a cogliere i piccoli dettagli, le piccole cose che accadono intorno a me, di cui non sempre mi accorgo, come ad esempio una mosca che cade a terra. Il titolo “possiamo sempre parlare del tempo” enfatizza la messa in discussione di ciò che consideriamo importante e degno della nostra attenzione.

WebGarden: Ci racconti i prossimi progetti?  Come quello che stai per inaugurare a Domodossola, per esempio…

Ho avuto la fortuna di poter contribuire alla riapertura dei Musei Civici Gian Giacomo Galletti di Domodossola in Palazzo San Francesco, che dopo 40 anni di chiusura riapriranno le porte al pubblico il 18 giugno 2021. Nell’ultimo anno ho lavorato con il progettista, l’architetto Paolo Carlo Rancati e con il direttore dei musei Antonio D’Amico per realizzare un lavoro di riequilibrio tra contenuto e contenitore, tra lo spazio museale e le collezioni, in particolare all’interno del Museo di scienze naturali. Si tratta di oltre 600 m² espositivi in cui sono presenti, tra le altre, preziose collezioni di tassidermia, geologia, malacologia e botanica.

Ho realizzato una serie di interventi permanenti in stretto dialogo con i reperti esposti, scegliendo di raccontare la circolarità̀ e la ciclicità̀ della vita naturale, rappresentando con varie tecniche il più elementare dei cicli, ovvero, il passaggio dal giorno alla notte. 

Un altro progetto a cui tengo molto è il workshop a distanza dal titolo Nature, nato in collaborazione con un centro diurno di Milano che si occupa di disabilità dell’adulto.

Anche in questo caso il tema del laboratorio è il rapporto tra l’uomo e la natura e l’interazione con il pubblico che è invitato a entrare sul sito web www.ideacopernico.it e seguire le istruzioni per partecipare. Navigando è possibile trovare video di presentazione, testi e istruzioni scaricabili, che invitano ad osservare la natura intorno a noi, come ad esempio le piante sui balconi, i fiori in giardino, gli alberi di un piccolo parco o anche la frutta che abbiamo in frigorifero. Una proposta didattica che invita a osservare i dettagli e a prendersi cura della natura che ci è più vicina.